Festa del Mandorlo in Fiore 2020: tra tradizione e novità

sfilata in via atenea

Sta per tornare uno degli appuntamenti più caratteristici della città di Agrigento: la festa del mandorlo in fiore, celebrazione della primavera e della fratellanza tra i popoli.

La festa del mandorlo in fiore 2020 si terrà dal 28 febbraio all’8 marzo.

Quest’anno l’evento sarà ancora più carico di significato: gli episodi di razzismo e intolleranza dovrebbero essere entrati a far parte del passato, ma purtroppo così non è; nel mondo spirano venti di guerra, tanto che quest’anno si è aperto con la minaccia di una terza guerra mondiale che rimbalzava tra titoli di giornale, hashtag su Twitter e post su Facebook.

In questo contesto il messaggio di solidarietà, pace e fratellanza promosso dall’evento è ancora più importante.

Ancora una volta le strade di Agrigento si animeranno dei gruppi folkloristici provenienti da ogni parte del mondo e dalle bande musicali, che daranno vita alla festa con le loro musiche tradizionali, la coloreranno con i colori dei loro costumi tipici e la arricchiranno con le danze dei loro paesi, così come il mondo è arricchito dalle diverse tradizioni.

Il fascino del festival del mandorlo in fiore, per gli agrigentini, è sempre stato quello di portare scorci di mondo fin dentro casa, lasciando una scia di musiche e colori di paesi che magari ci si ripromette un giorno di visitare, di lasciare impressi nella memoria sorrisi di popoli che alcuni non avrebbero altrimenti conosciuto.

Anche quest’anno sono tanti gli appuntamenti e gli eventi che animeranno le strade della città nel corso del Mandorlo in fiore

Nel mandorlo in fiore 2020 non mancheranno i classici momenti più emozionanti della festa, come l’accensione del tripode dell’amicizia e la fiaccolata per le vie della città, oltre alla sfilata collettiva a conclusione del festival , con la presenza dei carretti siciliani, e la grande festa alla valle dei Templi, patrimonio dell’Unesco, davanti al tempio della Concordia, nel corso della quale verrà assegnato il tempio d’oro al gruppo folk vincitore, insieme ad altri riconoscimenti.

tempio della concordia con mandorli fioriti

Il 2020 sarà l’anno del 75° Mandorlo in fiore, del 65° Festival Internazionale del Folklore e del 20° Festival internazionale “I bambini del mondo”. Inoltre, proprio quest’anno si celebrano i 2600 anni dalla fondazione di quella che il poeta greco Pindaro definì “la più bella città dei mortali”.


Il mandorlo in fiore è, come abbiamo accennato, celebrazione della bellezza e della diversità del mondo. Rappresenta anche, in questa cornice internazionale, una festa in onore della città di Agrigento: turisti da ogni parte del mondo, ma anche cittadini che la vivono ogni giorno, possono scoprire o riscoprire angoli di bellezza non ancora conosciuti o dati per scontati, come la distesa di mandorli fioriti nella valle, l’eleganza maestosa del teatro Pirandello, la ricchezza e delizia della cucina tipica.

Anche quest’anno, infatti, sarà presente la Mandorlara, l’evento che mette al centro la mandorla e tutte le gustose ricette che con essa è possibile preparare: il Palacongressi ospiterà cooking show di chef rinomati che offriranno assaggi di piatti come il cous-cous dolce con mandorle e arancia, e tanti altri. La partnership con vari ristoranti di Agrigento si rinnoverà anche stavolta e permetterà di poter degustare particolari piatti pregiati a base di mandorla a pranzo o a cena.

Chi ama fotografare sarà poi contento di sapere che anche in questa edizione non manca il concorso fotografico che premierà gli scatti che meglio hanno saputo cogliere lo spirito e l’emozione della festa del mandorlo in fiore. A raccontare le tradizioni della Sicilia non mancheranno i gruppi folk del festival regionale del folklore.

gruppo val d'akragas in costume tipico siciliano


Il 75° festival del Mandorlo in fiore si arricchisce, inoltre, della mostra iconografica che racconta la storia della kermesse tra passato e presente, attingendo all’archivio fotografico storico della sagra del mandorlo in fiore, messo a disposizione dalle autorità del libero consorzio comunale di Agrigento. Si chiamerà Il mandorlo in fiore agli albori, immagini e parole, e avrà luogo presso lo Spazio Temenos.

Piazza San Francesco diventerà teatro di scambio culturale con la Sala Bar dell’amicizia, allestita all’aperto, con lo scopo di offrire un punto di incontro ai cittadini e agli ospiti che possa anche valorizzare quest’angolo della città, dal momento che la festa del mandorlo si propone di coinvolgere tutta la città, e non solo. Ci saranno eventi esterni che, con le sfilate dei vari gruppi folkloristici, porteranno la magia simboleggiata dal mandorlo fiorito anche per le vie di San Leone, Villaseta, Villaggio Mosè, Fontanelle, Villaggio Peruzzo, Giardina Gallotti, Montaperto, Monserrato, il quartiere Stadio Esseneto, oltre al viale della Vittoria, Piazza Cavour, Villa Bonfiglio, il centro di Girgenti, e ovviamente la Valle dei Templi, con il tempio di Giunone, Decumano, la via Sacra, il tempio della Concordia. Le location utilizzate comprendono il Teatro Pirandello, il Palacongressi, l’Auditorium Livatino, il museo archeologico Pietro Griffo, il palazzo ex collegio dei Filippini.

Come nelle passate edizioni, anche in questa la tradizione verrà rispettata e le scuole di ogni ordine e grado saranno coinvolte nella magia della festa della primavera e della pace, attraverso incontri e iniziative: ci sarà spazio per il divertimento e l’arte offerti dai gruppi folk, ma anche per l’approfondimento e la sensibilizzazione su temi importanti e sempre attuali come la pace e l’incontro con le diverse culture del mondo.

Una preziosa occasione per i bambini e i ragazzi, che avranno modo di confrontarsi con coetanei di diverse nazionalità e di scoprire il fascino delle tradizioni e delle culture differenti dalla nostra. Un bagaglio culturale davvero prezioso che è indispensabile portare sempre con sé anche da adulti. La festa del mandorlo in fiore offre anche a bambini e adolescenti, ma non solo, che per i più svariati motivi non possono viaggiare, un’occasione davvero unica e vibrante per confrontarsi con persone appartenenti a culture diverse e per rendersi conto con meraviglia della sfavillante e ampia diversità che offre il mondo. Una diversità che è ricchezza e declinazione di bellezza e non motivo di diffidenza, di arroccamento sulle proprie posizioni o di scontro.

Per i più piccoli, e non solo, si terranno spettacoli del teatro dell’ opera dei pupi, dichiarata patrimonio immateriale dell’Unesco, per la sua creatività e il peso della tradizione che si porta dietro.

Proprio i beni immateriali dell’Unesco hanno un posto speciale in questa edizione del festival del mandorlo in fiore, con vari eventi specificatamente dedicati.
Il patrimonio immateriale fa riferimento a tutto ciò che è di importanza primaria nel mantenimento della diversità culturale in un contesto in cui la globalizzazione la fa da padrone, e nell’incoraggiare il dialogo tra i popoli e il rispetto delle diversità. L’Unesco si è proposto di tutelare questo, nelle sue varie declinazioni, così come il patrimonio materiale.

Il mondo si riunisce ad Agrigento per celebrare la bellezza delle tradizioni e la fratellanza tra i popoli

Quest’anno i gruppi folk partecipanti al mandorlo in fiore provengono da ben quattro continenti.

Oltre ai gruppi folkloristici agrigentini, le nazioni partecipanti sono, in ordine alfabetico:

  • Algeria
  • Brasile
  • Bulgaria
  • Cina
  • Colombia
  • Corea
  • Croazia
  • Egitto
  • Emirati Arabi Uniti
  • Francia
  • Georgia
  • Grecia
  • Honduras
  • Indonesia
  • Italia
  • Lettonia
  • Macedonia
  • Messico
  • Romania
  • Russia
  • San Salvador
  • Senegal
  • Serbia
  • Spagna
  • Turchia
  • Ucraina
  • Ungheria
  • USA

Per il festival internazionale “I bambini del mondo”, le nazioni partecipanti sono:

  • Costarica
  • India
  • Indonesia
  • Macedonia
  • Messico
  • Polonia
  • Rep. Adigeya
  • Russia
  • Taiwan
  • Ucraina
  • Italia (Agrigento) Oratorio Don Guanella; I piccoli del Val d’Akragas; Gergent; I fiori del mandorlo

Le bande musicali presenti saranno:

  • Banda Intercomunale di Agrigento “V. Bellini”
  • Fanfara dei bersaglieri di Palermo “Col. Giacomo Alfano”
  • Corpo bandistico città di Canicattini Bagni
  • Banda Civica Filarmonica di Modica

Spettacolo e grandi nomi ad Agrigento per il mandorlo in fiore daranno un tocco in più alla festa

Madrina dell’evento per il mandorlo 2020 sarà Anna Falchi, attrice, conduttrice televisiva ed ex modella, che sarà tra i conduttori dello spettacolo della sagra del mandorlo in fiore insieme a Sasà Salvaggio e al duo de I soldi spicci. Anna Falchi ha partecipato a programmi televisivi come Miss Italia, il Festival di Sanremo, Domenica In, Ballando con le stelle, e ha recitato al cinema e in teatro. Sasà Salvaggio è comico, attore teatrale, conduttore televisivo, speaker e imitatore. Porterà la sua verve comica che tutti ben conosciamo sul palco del festival del mandorlo in fiore, insieme a I Soldi Spicci, che di sicuro saranno un richiamo, in particolare, per i più giovani. Il duo comico, formato da Annandrea Vitrano e Claudio Casisa, è diventato famoso con i suoi video comici su YouTube. In breve tempo la loro popolarità è cresciuta, tanto da arrivare ad essere protagonisti sul grande schermo, per la prima volta con il film La fuitina sbagliata, del 2018, diretto da Mimmo Esposito. Non è la loro prima volta ad Agrigento in occasione della festa del mandorlo: erano già stati protagonisti di uno spettacolo nell’edizione 2016.

Nella nostra pagina Facebook, che trovate a questo link, è possibile visionare il programma dettagliato del mandorlo 2020, con tutti gli eventi e gli appuntamenti che avranno luogo dal 28 febbraio all’8 marzo, oltre alla conferenza stampa dell’evento, che si è tenuta il 17 gennaio presso il palazzo dei Filippini in via Atenea.

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Festa del Mandorlo in Fiore 2019: si lavora al programma, prevista la partecipazione attiva dei gruppi locali

i costumi femminili del gruppo folkloristico gergent

Siamo ancora a Novembre, ma già trapelano le prime notizie certe riguardanti l’edizione 2019 della Festa del Mandorlo in Fiore, la kermesse più attesa dagli agrigentini.

La settantaquattresima edizione avrà inizio il prossimo 2° marzo e si svolgerà fino al 10 marzo. Si lavora ancora al programma, che però è quasi pronto e che prevede già un punto fisso e insindacabile: la partecipazione attiva alla kermesse dei gruppi folkloristici locali.

 

Dopo le polemiche dell’anno scorso, che avevano visto in una prima fase alcuni gruppi locali tradizionalmente legati alla kermesse fare un passo indietro, tanto da rendere noto un comunicato stampa in base al quale professavano di non volere partecipare all’evento per via del poco spazio concesso loro nell’ambito della manifestazione, per questa nuova edizione tutto sembra essere già stato messo in chiaro. Da poco, infatti, è già stato reso noto dal Parco Archeologico della Valle dei Templi, che si occupa dell’organizzazione dell’evento, che i gruppi folkloristici agrigentini sono i padroni di casa e dunque svolgeranno una parte attiva nell’edizione 2019. Per questo è stata inviata una nota ufficiale di invito a tutti i gruppi folkloristici locali, in cui viene sottolineato il loro importante ruolo nell’ambito della manifestazione, che quest’anno, peraltro, è inserita nel Registro delle Eredità Immateriali della Regione Siciliana.

Il loro ruolo consisterà non solo nella partecipazione alle sfilate e nell’esibizione in performance tradizionali, ma anche nel fare da padrini ai tanti ospiti noti che saranno presenti durante l’evento. Nello specifico dovranno farsi portavoce di un messaggio di arte, cultura e tradizione, esprimendo il grande valore storico della kermesse. Inoltre, in misura maggiore rispetto al passato, potranno presiedere a particolari eventi collaterali di festa, formazione e aggregazione, divulgando il loro grande patrimonio musicale, coreutico e canoro. Previsto, inoltre, il rafforzamento dei momenti destinati alle loro esibizioni.

Sempre nella stessa nota, il Direttore del Parco Archeologico Giuseppe Parello ha espresso l’augurio che tutti i gruppi folkloristici locali possano dare l’adesione al programma della Festa del Mandorlo in Fiore 2019, in modo da arricchire la kermesse restituendole il suo naturale patrimonio tradizionale da sempre tutelato dai gruppi agrigentini.

Intanto si continua a lavorare al programma, che prevede la tradizionale apertura della kermesse con il Festival Bambini del Mondo, previsto da giorno 1 marzo fino al 5 marzo, e il proseguo con il Festival Internazionale del Folklore, che si aprirà sempre il 5 marzo con la consueta Accensione del Tripode e terminerà domenica 10 marzo con lo spettacolo finale e la premiazione.

Anche quest’anno il Palacongressi Empedocle sarà il cuore pulsante della manifestazione, nella struttura del Villaggio Mosè si terranno infatti le esibizioni dei gruppi e i Pomeriggi del Mandorlo con l’accoglienza dei gruppi, i laboratori creativi per bambini, i laboratori interculturali, i laboratori del gusto, le mostre e i concerti. Previsti anche momenti di spettacolo e laboratori per ragazzi al Teatro della Posta Vecchia e a Girgenti con l’iniziativa denominata Pomeriggi giurgintani che include focus su danze, laboratori e attività volte alla riscoperta del patrimonio culturale promosso dalla kermesse.

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Palmarum Insula: ISOLA DELLE PALME

gruppo folkloristico palmarum insula

L’Associazione Culturale Folk-Popolare “Palmarum Insula” nasce alla fine del 2017 grazie alla creatività e alla passione del dott. Giuseppe Mazziotta, supportato dal quartetto folk “I Cumpari” (costituito quest’ultimo nel 1996 per iniziativa di quattro amatori del folklore siciliano).

Il quartetto folk I CUMPARI nasce nel 1996 quasi per gioco in seguito alla richiesta di un noto ristorante di Augusta (SR), di allietare i clienti durante il pranzo domenicale tipico siciliano. Dal successo ottenuto fin dalle prime apparizioni si decise quindi di portare avanti l’iniziativa, divulgando e mantenendo inalterata nel tempo l’arte folklorica e popolare siciliana.

Gruppo Folkloristico I CumpariI Cumpari sono rigorosamente impegnati nella continua ricerca ed elaborazione di testi e brani, che costituiscono il patrimonio della nostra memoria, avendo come principale obiettivo quello di tramandarli inalterati nei testi e nelle musiche, riproponendo inoltre gli stessi usi e costumi di un tempo ormai passato ma sempre tanto cari alla nostra gente.

Le musiche e i canti vengono curati personalmente dal dottor Giuseppe Mazziotta e dal maestro Vincenzo Di Maria, i quali volutamente, per rimanere fedeli il più possibile alla tradizione folklorica e popolare, hanno fatto interpretare i canti a un cantante con una voce non studiata per il canto, ma intonata e che volutamente conservi delle naturali imperfezioni e dissonanze tipiche siciliane: Salvatore Gallo. La ritmica è affidata a Giovanni Coco.

I Cumpari sono stati tra i primi a riproporre le tipiche serenate del passato, commissionate dal fidanzato per la propria donna e svolte sotto i balconi come tradizione vuole la sera prima del matrimonio.

 

Il quartetto vanta un bagaglio di esperienza inestimabile, che mette a disposizione di chi abbia il piacere di condividere momenti dedicati alla tradizione tipica siciliana mantenendo forti elementi quali l’amicizia e la passione per un genere musicale di altissima levatura culturale: il folklore.

Ritornando ai Palmarum Insula, la loro denominazione rappresenta l’antico nome latino della città di Augusta, in passato conosciuta come “L’isola delle Palme”, per la sua fiorente vegetazione di arecaceae.

Con la costituzione dell’Associazione Culturale Folk-Popolare Palmarum Insula, si concretizza l’esigenza di mantenere inalterata nel tempo e promuovere, soprattutto nel mondo dei giovani, la tradizione musicale folk-popolare siciliana!

 

gruppo palmarum insulaAd oggi il gruppo vanta circa quaranta elementi, numero destinato a crescere in virtù delle continue richieste di adesione.

I costumi sono stati realizzati rispettando i colori folkloristici siciliani ma con, altresì, attenti richiami alla tradizione tipica augustana e che prevede lunghe gonne di vario colore, che si rifanno ai tipici colori dei nostri agrumi: rosso, giallo, verde, blu, ricoperte da bianchi grembiuli orlati da qualitativi merletti e per finire comode camicie chiare arricchite anch’esse da merletti, sulle quali venivano posti corpetti in velluto nero.

Il gruppo si avvale di strumenti tipici siciliani quali la fisarmonica, “ u friscalettu”, il flauto, la chitarra, “u tambureddu”, le percussioni e “a zotta”. Non possono di certo mancare altri due strumenti musicali: “a quartara” ed il “marranzanu”.

“A Quartara” ha delle antiche origini contadine infatti non è altro che un recipiente in terracotta di medie dimensioni e fornito di due grossi manici nella parte superiore; è usato da millenni in Sicilia per trasportare e conservare, mantenendo una fresca temperatura, acqua o vino, hanno diverse dimensioni e tendenzialmente quelle di forma più piccola venivano utilizzate con più facilità durante i trasporti per tenere e rinfrescare l’acqua da bere.

Le quartare vengono oggi acquistate a scopo decorativo dell’arredamento di rustici e ville di campagna. Ma oggi se ne fa un uso particolare, infatti, in occasioni di feste popolari venivano e vengono usate come strumento musicale: grazie alla loro particolare forma panciuta e che funge da cassa di risonanza può facilmente assimilarsi a uno strumento musicale a fiato dal caratteristico suono, pertanto soffiando dentro, con una particolare inclinazione, il vaso emette un suono cupo molto simile a quello di un basso tuba e che consente di essere utilizzato come accompagnamento musicale nella musica folklorica siciliana.

Il “Marranzano” invece, detto anche scacciapensieri, è uno strumento musicale idiofono costruito da una struttura di metallo ripiegata su sé stessa a forma di ferro di cavallo. Nel dialetto siciliano, conosciuto anche come mariolu, marauni , marranzanu (o marranzano) ‘ngannaladruni (“inganna ladroni”), perché era uno strumento suonato da gente che veniva appositamente collocata ai confini dei possedimenti affinchè durante la notte lo suonassero; l’origine del suono veniva distorta non permettendo di capire da dove potesse arrivare e quindi, avendo la funzione di segnalatore per allontanare eventuali malintenzionati li dissuadeva dal compiere dei furti. Da qui divenne purtroppo, il poi più noto segnale in ambito mafioso, proprio perché in molti film, avente come trama la mafia, veniva adoperato per avvisare l’imminenza di un pericolo o di un regolamento di conti. Tale strumento è spesso utilizzato nella musica siciliana per accompagnare canzoni e tarantelle.

L’Associazione accoglie in seno persone altamente selezionate dotate di spirito di gruppo e, soprattutto, di passione per la tradizione folk-popolare siciliana. L’obiettivo prefissato dall’Associazione è quello di rivisitare, riscoprire e salvaguardare il vasto patrimonio culturale folk-popolare siciliano attraverso la rappresentazione inalterata di musica e balli, brani cantati e recitati, nonché usi e costumi appartenenti alla tradizione siciliana. In particolare si fa riferimento alla scuola folkloristica Catanese e popolare Siracusana, dalle quali il dottor Mazziotta e il maestro Di Maria hanno attinto nel tempo, accrescendo la loro esperienza e bagaglio culturale, onorandosi di aver lavorato a fianco di esponenti della canzone siciliana quali, fra tutti, Felice Ventura, Riccardo Maglia, Lucia Siringo, Tano Fiorito e altri ancora.

Il gruppo, inoltre, fa riferimento e ne trae notevole ispirazione da colei che da sempre è stata designata come la capostipite della musica popolare siciliana: Rosa Balistreri. I Palmarum Insula sono soliti, durante i loro spettacoli, renderle omaggio riproponendo alcuni dei suoi brani più celebri, oltre ad un considerevole repertorio musicale dove vengono eseguiti brani più complessi ed elaborati che richiedono il supporto di più voci.

L’Associazione non ha scopo di lucro. Grande interesse è rivolto ai valori sociali solidaristici che rivisitano non solo la vecchia tradizione musicale ma anche quella degli usi, dei costumi e della morale. Ed è proprio a questa morale che i “Palmarum Insula” si ispirano, devolvendo di volta in volta al prossimo più svantaggiato e meritevole il proprio ricavato.

L’Associazione si trova anche coinvolta nelle varie occasioni e feste organizzate durante gli anni scolastici dagli Istituti Scolastici che decidono di presentare e rappresentare delle performance tipicamente siciliane svolte dai propri alunni. Questi ultimi infatti vengono accompagnati e supportati durante l’esecuzione dal gruppo “Palmarum Insula” , così sostenendo e tramandando le antiche tradizioni della nostra Sicilia e gli antichi valori di un tempo a studenti di diversa età. Grazie al corpo docenti che con passione e volontà accompagnano gli alunni in questa bellissima iniziativa, ai Dirigenti Scolastici, e soprattutto ai bambini, protagonisti della scena, i quali si rivelano sempre davvero strepitosi ed entusiasti, rendendo queste giornate allegre e piene di gioia!

I Palmarum Insula, spesso, aggiungono al loro repertorio la presentazione dei famosi Pupi Siciliani, sono marionette alte circa un metro, riccamente decorate, che rievocano le epiche gesta cavalleresche di paladini.
Aspetto della tradizione e della cultura siciliana, che ha l’odore della cultura di un tempo, di uomini antichi e anche di tradizioni, con colori e storie che possono affascinare i più anziani ma evidentemente non solo loro, infatti la passione e la tradizione coinvolge anche i più giovani e i più piccini, che desiderano immergersi nel folklore siciliano.

Considerevole è l’importanza di non far perdere il nostro dialetto e le nostre radici quali origine della nostra identità, così come è fondamentale e di notevole importanza la figura dei nonni, che possiedono un bagaglio di vita quotidiana ricchissima di esperienza, che hanno tanto da insegnarci soprattutto per tradizione orale visto che non abbiamo testi scritti che ci rimandano al passato; di fatto i racconti dei nonni sono un tesoro raro e inestimabile a cui bisognerebbe attingere, ascoltandoli, facendone tesoro e custodirli.

L’Associazione culturale folk-popolare “Palmarum Insula” di Augusta, supportati dal quartetto folk “I Cumpari”, in occasione del Natale e delle festività natalizie propone un concerto di musica, canti e poesie della tradizione natalizia siciliana nelle loro versioni originali proprio per non farne perdere valore e bellezza.

Animare ad esempio un presepe vivente con una determinato repertorio, curato nei dettagli e nei minimi particolari, risulta quasi un viaggio a ritroso nel tempo, quel tempo in cui certi valori possedevano un significato e che ad oggi risultano più labili.

Il tema portante degli spettacoli è l’Amore, il quale viene decantato con lo scopo di suscitare una serena riflessione in chi ascolta, tramite musiche e inni di lode alla nascita “dò bambineddu” e “dò presepi” e, ancora, attraverso componimenti poetici in grado di trasportare gli spettatori indietro nel tempo, al Natale vissuto dai vecchi e malinconici “pescatori”, coloro i quali incarnano pienamente il carattere triste e nostalgico dei capofamiglia costretti ad emigrare per lavoro, trascorrendo così, in solitudine e lontano dagli affetti più cari, il Santo Natale.

Esperienza sonora unica e genuina, una vera e propria finestra sul passato duro e poco agevole, che si propone di offrire spunti di riflessione sulle quali poter trovare spunti per affrontare problemi di vita quotidiana e modalità di approccio.

Il gruppo esegue brani notissimi e dolcemente commoventi della tradizione natalizia siciliana come “A la notti di Natali”, “ E Nasciu”, “Sutta ‘nperi di nucidda” e si cimenta nella recitazione della preghiera del “Padre nostro”, tutta in dialetto siciliano, con grande gentilezza ed eleganza.
I Palmarum Insula, quando possibile, in riferimento ai propri ideali solidaristici, propongono in ogni concerto un’offerta da destinare al prossimo più svantaggiato.

I concerti solitamente vengono eseguiti preferibilmente all’interno di chiese o stabili appropriati alla compostezza del repertorio e dello spettacolo in se.
In conclusione, il gruppo viene particolarmente ricercato per spettacoli di piazza, sagre, feste patronali, eventi speciali quali serenate e intrattenimenti vari.

L’intento dell’Associazione Culturale Folk-Popolare “Palmarum Insula” è quello di portare sempre alto il significato di folklore siciliano, altamente educativo per i grandi e per i bambini! Difatti oltre l’amore e la passione per l’arte folkloristica siciliana, è fondamentale lo studio e la dedizione affinché possa essere approcciato e divulgato con serietà e dignità per come tale genere musicale merita.

Viva la Sicilia, i suoi capolavori musicali e le sue tradizioni.

 

Pagina Facebook del Palmarum Insula: https://www.facebook.com/palmarum.insula/

Pagina Facebook dei Cumpari: https://www.facebook.com/icumpari/

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San Calogero e Girgenti: un Incontro sulla Storia del Santo Nero

foto storica festa di san calogero ad agrigento

Il rapporto tra la devozione, la festa, la memoria intorno al santo più amato dagli agrigentini, il santo nero San Calogero, e la città sarà al centro dell’incontro sul tema “San Calogero e la sua Girgenti”, che si terrà giovedì 28 giugno alle ore 18.30 nella Biblioteca comunale “La Rocca” di Agrigento .

Interverranno il Sindaco della città, Calogero Firetto, il rettore del santuario sancalogerino don Giuseppe Veneziano, Lello Casesa studioso di cultura e tradizioni popolar, lo storico Elio Di Bella.

Verranno proiettati per l’occasione scatti fotografici e video sulla festa dedicata al Santo realizzati dai fotografi Giuseppe Cacciolla e Calogero Montana Lampo.

Sarà presente la Confraternita e associazione dei portatori.

Concluderà la serata l’esibizione dei piccolo devoti del gruppo folkloristico “Val d’Akragas”.

La pasticceria Saieva e il panificio Passarello offriranno una degustazione dei loro prodotti.

L’incontro apre il ricco cartelloni di eventi che anche quest’anno caratterizzerà il festino di luglio dedicato al Santo delle Grazie.

Il tema dell’incontro mettere a fuoco le tradizioni che hanno segnato nei secoli il rapporto tra il culto sancalogerino e la Città dei Templi.

Una festa quella dedicata al santo che infatti si intreccia con la storia e la cultura della città, trovando particolare riferimento al mondo contadino che nei secoli ha manifestato con processioni offertoriali, con voti e con il caratteristico lancio del pane verso la statua nelle due processioni domenicali il suo attaccamento ai valori umani e religiosi che il culto verso San Calogero esprime.

Una serata di storia, folklore ed anche gastronomia per toccare i tanti ambiti (culturali, religiosi, sociali) investiti dall’affetto del popolo agrigentino per questo santo, di cui pure si conosce poco per la mancanza di fonti storiche sufficienti.

L’iniziativa ha il merito di voler illustrare in particolare gli sviluppi che il festino e il culto hanno avuto nei secoli ad Agrigento e non solo.

Elio Di Bella

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Le tradizioni nel mondo: diversità e uguaglianze

articolo le tradizioni popolari ed il il mondo giovanile

« Le storie antiche sono, o sembrano, arbitrarie, prive di senso, assurde, eppure a quanto pare si ritrovano in tutto il mondo. Una creazione “fantastica” nata dalla mente in determinato luogo sarebbe unica, non la ritroveremmo identica in un luogo del tutto diverso ».

(C. Lévi-Strauss)

 

Secondo Lévi-Strauss teorico dello strutturalismo, esistono “diversità” fra il racconto mitico e quello storiografico, asserendo tuttavia che in questi racconti esiste anche una sorta di “continuità”.

 

I racconti mitici che sono o appaiono racconti privi di senso e talvolta assurdi, risultano essere in effetti «sistemi chiusi» di pensiero «che possiedono identiche strutture formali di base e contenuti variabili».

 

Le tradizioni nel mondo in fondo non sono poi così differenti, mantengono infatti una stessa identica sostanza: le usanze, nella maggior parte dei casi, sono legate agli eventi religiosi, oppure ai momenti particolari della vita delle persone, come il matrimonio, la nascita o la morte.

Dunque se è la sostanza ad essere mantenuta, sarà la forma ad assumere su di sé la particolarità e la diversità dei costumi di ogni popolo del mondo.

L’attività folklorica promossa dai vari gruppi folk presenti su territorio nazionale e internazionale, e nella fattispecie agrigentina, ha non solo l’onere ma anche l’onore di ricevere e trasmettere nel mondo la cultura popolare delle antiche tradizioni.

I viaggi e le varie esperienze all’estero danno la possibilità difatti di allargare i propri orizzonti e di conoscere le diverse manifestazioni culturali che un popolo “diverso” dal nostro, legato alla terra da cui ha avuto origine, sa raccontare.

festival bambini del mondo gruppo folkloristico gergent

Moltissime nel corso degli anni le tournée all’estero del gruppo folkloristico Gergent e tantissimi, naturalmente, gli insegnamenti tratti.

Europa, Asia, America, Africa: Occidente e Oriente sono le due facce della stessa medaglia, un unico globo terrestre che gira sempre su se stesso.

Si dice che ogni mondo è paese, ed in ogni città, in ogni piccola comunità è possibile ritrovare qualcosa di unico e al contempo simile al tuo piccolo mondo.

Le spezie, i profumi, i tessuti, i racconti, i balli, le canzoni hanno in sé l’unione e l’amore di un popolo in continua ricerca di se stesso e delle sue primitive origini.

Il folklore non conosce distinzioni di razza, di religione, di sesso ma solo la passione travolgente di un sorriso, di una carezza, di un bacio, il sale che dona gusto alle differenze.

festival bambini del mondo gruppo folkloristico gergent al tempio della concordia ad agrigentoOgni anno la festa del mandorlo in fiore, oramai giunta alla sua 73° edizione, si propone come audace messaggero di pace e fratellanza in un mondo che è sempre più dilaniato e lacerato dalle guerre fisiche e morali, dalle incomprensioni, dalle brutture dell’animo umano, dai pregiudizi che spesso finiscono per diventare spessi come muri e pesanti come macigni.

Dietro un’origine si nasconde una storia, prende forma il ramificarsi di un’identità, una traccia dell’essere che permette di distinguere un individuo, un gruppo, una cultura, apparentemente differente ma in fondo uguale.

Se viaggiare è il modo più naturale per immergersi nei costumi di altri paesi, accogliere e personalizzare le diverse tradizioni è uno dei tanti modi per presentare ai noi stessi, realtà differenti dalla nostra.

Una festività speciale, un’usanza, permettono di scoprire in modo divertente affinità e disuguaglianze tra popoli, insegnando a conoscere meglio l’amico straniero, il vicino di casa, il compagno di scuola, facendoci sentire più vicini e meno distanti.

Fare parte dell’associazione culturale Gergent significa anche questo: imparare a conoscere e ad apprezzare quanto di diverso appare ai tuoi occhi, ai tuoi gusti, ai tuoi gesti; capendo che in realtà esiste altro ma che si trova semplicemente al di fuori del tuo confine, confine che tu stesso inconsapevolmente hai creato e forse un po’ cercato.

Il Gruppo folklorico Gergent partecipando ai vari festival internazionali e locali, è inequivocabilmente portato ad interagire ed a colloquiare con gli altri gruppi stranieri partecipanti e provenienti da ogni parte (Polonia, Russia, Messico, Portogallo, Ucraina, India, Giappone, Corea del sud, e così via) per cui non poche sono e sono state le varie usanze apprese nel corso degli anni.

Per riportarne alcune ricordiamo ad esempio la festa di Primavera festeggiata in Romania ogni anno nel periodo di marzo, in cui viene regalato un dono a chi si ama, agli amici e ai parenti lontani, un’usanza che muta nel tempo ma sopravvive alle guerre, alle emigrazioni, ai muri.

Il Martisor così viene chiamato il dono elargito; un ciondolo che contiene un fiore ed è legato secondo la tradizione ad un cordoncino intrecciato rosso e bianco.

Altro esempio è quello di una tradizione vietnamita, molto insolita ai nostri occhi, legata alla nascita laddove si usa rivolgersi al bambino con aggettivi dispregiativi come “brutto” o “rospo” perché si crede che gli spiriti maligni perseguitino i bambini più belli.

In Ucraina, il Natale sembra ricordare quasi la festa di Halloween, i tradizionali alberi infatti vengono addobbati con ragnatele di carta, plastica o metallo; in ricordo di un passato dove la miseria era predominante, ed i poveri, che non si potevano permettere gli addobbi, decoravano così gli alberi di Natale.

Ancora, un’usanza coreana vuole che, per rendere il nubendo più forte la prima notte di nozze, gli amici dello sposo dopo la cerimonia si tolgano i calzini e pestino con le piante dei piedi dei corvina gialli essiccati, che sono un tipo di pesce.

Il significato dietro questo rituale sarebbe che il pesce dovrebbe infondere al novello marito intelligenza e forza, che gli saranno poi utili nel matrimonio, e le frustate indice di incoraggiamento ad adempiere ai propri doveri coniugali la prima notte di nozze.

Molte e soprattutto diverse le tradizioni del mondo che sicuramente, come abbiamo detto inizialmente, conservano alla base una identica struttura cambiandone, in sostanza, semplicemente la forma.

Vogliosi e speranzosi di un futuro migliore ci auguriamo che il folklore, sale dei popoli, incrementi la voglia e lo spirito di unione, di integrazione, di conoscenza, portando alti i valori dell’amore, della solidarietà, della pace nel mondo.

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I costumi tipici siciliani del gruppo folkloristico Gergent

i costumi femminili del gruppo folkloristico gergent

Il termine tradizione, dal latino traditiònem (deriv. da tràdere = consegnare, trasmettere) può assumere diverse accezioni: nel nostro caso la utilizzeremo come sinonimo di consuetudine, intendendo con questo termine, la trasmissione nel tempo, all’interno di un gruppo umano, della memoria di eventi sociali o storici, delle usanze, dei riti, della mitologia, delle credenze religiose, dei costumi, delle superstizioni e leggende.

Le tradizioni popolari o folkloristiche sono in questo senso una consuetudine, le danze, i canti, i proverbi, gli antichi mestieri che attraverso le tradizioni di un popolo si mantengono in vita e che il Gruppo Folklorico Gergent con la sua attività costante, in campo nazionale e internazionale, porta avanti da circa ventisei anni.

i costumi maschili del gruppo folkloristico gergentLo studio, quale ricerca “storica” inerente ai balli, ai canti, ai costumi e agli utensili utilizzati, non è mai mancato al presidente Claudio Criscenzo prima, e al figlio Luca dopo, che con non grande passione per l’arte e la cultura in generale, l’hanno sempre portato avanti, facendone anzi un punto di forza e di peculiarità del gruppo Agrigentino.

Dell’innumerevole patrimonio di costumi tipici siciliani, purtroppo oggi non resta molto, essendo oramai quasi del tutto spariti; tuttavia, qualche traccia la si può ritrovare nei paesi dell’entroterra siciliana dove ancora oggi usi e tradizioni sono più radicati, e con essi alcuni costumi tradizionali sia maschili che femminili.

Tutto quello che oggi sappiamo sui costumi lo dobbiamo al grande maestro delle tradizioni popolari siciliane Giuseppe Pitrè, che nel corso dei suoi anni raccolse e poi riunì in un museo etnografico da lui fondato nel 1909, diviso in 20 sezioni, documentazioni sugli usi e sui costumi del popolo siciliano, insieme alle credenze, ai miti, alle tradizioni di Sicilia (la casa, filatura e tessitura, arredi e corredi, i costumi, le ceramiche, l’arte dei pastori, caccia e pesca, agricoltura e pastorizia, arti e mestieri, e così via).

In Sicilia i costumi tradizionali antichi erano piuttosto semplici, variegati e in alcuni casi anche ricchi. L’abbigliamento tradizionale della donna e dell’uomo siciliano erano dunque composti da diversi capi realizzati con diverse fogge e fatture, e spesso e volentieri anche i colori variavano; gli abiti dei giorni quotidiani inoltre erano distinti da quelli della festa.

I costumi a cui il gruppo Gergent rimanda sono un rifacimento pressoché verosimile degli abiti dei popolani e delle popolane dell’ottocento siciliano.

Il costume femminile è composto: da una gonna lunga di broccato blu, rossa, gialla o da gonne nere orlate con pizzo sangallo; da un grembiule di cotone bianco o a fiori, oppure di lino a seconda dell’uso; dai mutandoni in cotone bianco, che coprono le gambe sino alle ginocchia, arricchiti da pizzo san gallo e da un nastrino rosso all’estremità; da calze di lana o di cotone (a seconda della stagione); da scarpe di pelle nera con punta leggermente arrotondata e da una fibbietta sul collo del piede.

La parte superiore è composta da un gilet nero di velluto orlato da una passamaneria a fiori per decorare e rifinire il corpetto, stretto e allacciato da un filo di coda di topo lucida di raso rosso; la camicia bianca fornita di pizzo san gallo nel girocollo e nei polsini con un nastrino rosso intrecciato ad esso.

Il capo è acconciato da alcuni spilloni e fiori che servono a rendere più prezioso il “tuppu”, ciò deriva da un’antica usanza di raccogliere i capelli delle donne per facilitarne il lavoro e altresì per essere più sistemate e non avere la necessità di lavare i capelli, data la scarsa possibilità di un tempo. Il capo è inoltre talvolta coperto da un “fazzulettu”, a seconda delle occasioni, di lavoro o di festa.

Il fazzulettu talvolta poteva essere di pizzo nero o bianco o di cotone. Durante le processioni, infatti, le donne solevano abbinare ai propri capi di tutti i giorni un pezzo più raffinato, che veniva per l’appunto dedicato alle grandi occasioni, questo poteva essere di pizzo bianco o nero.

Il vestito viene completato da una mantellina di lana, generalmente nera e lavorata a mano, che veniva indossata per qualsiasi evenienza. Infatti sempre il Pitrè ci riporta che lo scialle era un capo universale, che andava bene per ogni ora del giorno e della notte e per ogni stagione e veniva indossato dalle donne siciliane per andare al mercato oppure in città, a sbrigare le commissioni per la casa. Il manto aveva anche in un certo senso una funzione sociale. A Messina, chiamavano il manto ‘orate frates’ perché all’occorrenza consentiva alle ragazze di scoprirsi per mettere in evidenza il collo e il seno.

In altri luoghi dell’Isola invece, la mantella aveva il compito di distinguere le donne di buona famiglia da quelle appartenenti ai ceti meno abbienti e dunque possederlo era un vanto, ma anche una ricchezza per una donna dell’epoca.

L’abito maschile rimanda anch’esso a quello tipico dei popolani dell’ottocento ed è costituito: da camicia bianca di cotone; gilet a coste di velluto nero con bottoni neri e una fibbietta nella parte posteriore; da un fazzoletto rosso posto sul collo o sul capo, se utilizzato durante la raccolta dell’uva o la mietitura del grano, per far sì che tutto il sudore venisse trattenuto e asciugato dallo stesso; ed infine dai pantaloni sempre a coste di velluto nero, detti in siciliano “causi” lunghi fino alle ginocchia con delle aperture ai lati e stretti da un bottone, senza apertura davanti bensì sui fianchi, ai quali viene poi abbinata una fascia di lana in vita di colore rossa o gialla che funge da ‘panzera’.

Le scarpe sono basse nere a punta rotonda mentre i calzettoni sono o di cotone o di lana bianca. L’abito può talvolta essere completato da una “coppula” nera di velluto oppure da una giacca di velluto a coste nera, in occasioni di festa.

Il Pitrè ancora una volta è essenziale per la nostra ricerca sui costumi e per quanto concerne l’abito maschile si apprende che innanzitutto anche gli abiti che venivano indossati dagli uomini si potevano dividere in abiti per le attività quotidiane e per le occasioni speciali.

Una prima differenza si ha invariabilmente con il passaggio da un ceto all’altro.

L’abito era più semplice tanto più basso era il rango sociale difatti, quello più semplice era dei pastori. I contadini si vestivano invece con dei pratici ‘causi’, ai quali veniva poi abbinata una cintura in vita che solitamente era una fascia in tessuto; in essa infatti il contadino poteva riporre alcuni piccoli attrezzi per la pausa, come i coltellini che servivano a creare “i friscaletti”, i piccoli strumenti a fiato del folclore musicale, oppure il pranzo. In seguito, con il passare delle epoche, i calzoni si allungarono, le giacche si accomodarono al corpo e stoffa e colore iniziarono ad essere associati all’appartenenza sociale.

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La costruzione del “friscalettu”

Friscaletti costruiti a mano dal gruppo folkloristico Gergent

Gli strumenti popolari siciliani oltre ad avere un valore storico, psicologico, magico-rituale e socio-culturale rappresentano una componente essenziale nell’esecuzione della musica popolare.

 

Il Pitrè ad esempio ne fa una menzione nei giochi fanciulleschi e per certe ricorrenze religiose.

Qualche notizia più certa ci viene fornita dalla studiosa catanese Carmelina Naselli, che parlò nel 1949, di strumenti da suono della musica siciliana.

Molte però sono le testimonianze che si possono trovare in demologia (studio della cultura popolare) del secolo scorso o nei resoconti dei viaggiatori stranieri in Sicilia, nel Settecento o nell’Ottocento che ci parlano della presenza di strumenti musicali popolari.

Tratteremo oggi uno degli strumenti a fiato più usati e più famosi nel territorio siciliano: u friscalettu. In particolare parleremo della sua costruzione e della sua esecuzione insieme a Lillo Russo, componente e “friscalittaru” dell’associazione culturale Gergent di Agrigento.

Esempio di Friscalettu costruito a mano

Lillo Russo, friscalittaru del Gruppo folklorico Gergent dal 1999, cosa ci sai dire in merito alla nascita e all’uso che se ne faceva anticamente?

 

Il friscalettu comunemente detto, è uno strumento a fiato che ha origine nell’antica Grecia e che veniva impiegato, soprattutto in occasioni di festa o per scandire i ritmi sfrenati di lavoro e dunque consentire un certo sollievo ai pastori, desiderosi di allietare ed alleviare l’animo, dalle fatiche usuranti del lavoro contadino. Solamente a partire dagli anni 20’ e 30’ del secolo scorso, il friscaletto perse la sua valenza bucolica e venne introdotto, grazie all’ottima qualità timbrica e alla sua versatilità nella pratica strumentale tradizionale locale, affiancato al tamburello, alla chitarra e alla fisarmonica, nelle orchestrine come strumento da ballo in contesti festivi.

 

Invece per quanto concerne il suo utilizzo, ci sono particolari tecniche di esecuzione per eseguire e far uscire il suono in modo limpido e naturale?

 

Si, infatti, come qualsiasi altro strumento musicale, per suonare il friscalettu, non bisogna soltanto assumere una posizione corretta, ma avere soprattutto come si usa dire nel gergo musicale “orecchio” e ovviamente molto tempo da dedicare all’esercizio quotidiano. Il suonatore per far sì, che il suono risulti limpido, dovrà prima di tutto stare alzato, con il torace ben dritto e le braccia ed i gomiti leggermente aperti, in modo che i polmoni si riempiano di ossigeno, indispensabile per emettere il giusto suono. Lo strumento, poi, dovrà essere parallelo al pavimento ed ortogonale alla bocca. Invece per quanto concerne l’esecuzione, le dita della mano sinistra andranno a chiudere sia i fori presenti sul lato posteriore che quelli posti anteriormente, in prossimità del becco, mentre la mano destra chiuderà i restanti fori, ossia quelli posizionati più in basso. Come dicevamo, ci sono specifiche prassi da rispettare per ottenere un suono pulito e non stridulo, come ad esempio, conferire poca pressione al fiato soprattutto per le note iniziali, mentre digitando i fori più alti si dovrà immettere più aria facendo attenzione a non fischiare. L’esperienza naturalmente fa da padrone, però con costanza e dedizione qualsiasi persona potrà ottenere ottimi risultati.

 

Tu oltre a suonare il friscalettu, ne sei anche un abile costruttore, infatti selezioni direttamente all’origine la materia prima che ti serve per poi “plasmarla”, puoi spiegarci meglio, per sommi capi, le fasi principali?

 

Per prima cosa bisogna individuare un canneto che non sia troppo vicino a fonti d’acqua, fiumi o laghi. Più “siccagna” è la zona e più le fibre della canna sono compatte e legnose. Le zone umide, infatti, rendono le fibre meno robuste e dopo la stagionatura la canna risulterà essere più morbida, paglierina, quindi non idonea per realizzare i friscaletti. Se poi a questo si aggiunge l’umidità del nostro fiato, o l’eccessiva saliva per i più inesperti, il tutto risulterà non idoneo ad una perfetta realizzazione, perché andrà a compromettere nel tempo lo strumento. Quindi essendo a conoscenza che il legno è un materiale vivo, è opportuno prendere prima le dovute precauzioni. Dopo aver raccolto le canne, quindi, le stesse vengono lasciate stagionare per almeno due anni (più la stagionatura è lunga e meglio è), quindi sarà poi possibile iniziare la loro lavorazione. Le successive fasi di lavoro consistono nell’individuare il cannolo da lavorare, prendere le misure e tagliarlo, facendo molta attenzione a lasciare da una parte il nodo e dall’altra l’estremità aperta, dove poi si andrà a inserire la “zeppa” (il tappo). Generalmente per un friscalettu in DO o anche in SI, la lunghezza del cannolo non deve essere minore di circa 20cm. Per tagliare i segmenti di canna, dobbiamo prendere una distanza di circa 3cm dal nodo, lasciando il germoglio dalla parte in cui verrà il friscalettu. Il nodo che abbiamo lasciato in tutte le parti terminali dei segmenti, costituirà la cosiddetta “culazza” che avrà diversi compiti, quando infatti si recideranno le canne, è meglio sempre lasciare un po’ più di spazio su questa parte, perché utile per una futura operazione di accordatura. Il becco invece, inteso come forma dell’imboccatura dello strumento, è una questione puramente estetica o di comodità e non ne pregiudica le qualità sonore. In realtà un becco molto sottile e stretto è più comodo da tenere fra le labbra e quindi dà meno problemi per l’esecuzione dello staccato.

 

Il friscalettu oltre ad essere uno strumento fondamentale della tradizione musicale siciliana, e innanzitutto la tua grande passione, hai mai pensato di trasmettere la tua esperienza e le tue conoscenze in merito, ai più giovani?

 

Si hai detto bene, perché il friscalettu è innanzitutto la mia grande passione, ho iniziato a suonarlo all’età di circa 15 anni dopo averlo sentito suonare alla sagra del mandorlo in fiore del 1996, mi ha colpito subito per il suo particolare suono, allegro e vivace specchio riflesso della mia anima; per tali motivi capì subito che era lo strumento che avrei suonato per tutta la vita. Venendo alla tua domanda, è già da due anni, che insieme all’associazione culturale Gergent, gruppo folkloristico di cui faccio parte, abbiamo intrapreso un vero e proprio corso di friscalettu per diffondere e inculcare ai ragazzi sempre più distanti dalle tradizioni popolari, l’amore per questo strumento in particolare, ma in generale per gli strumenti della tradizione siciliana. I ragazzi oggigiorno sono sempre più distanti dal mondo folk, e dalle tradizioni popolari perché affascinati da una realtà, che ahimè è sempre più snaturata e lontana dai veri e sani valori di un tempo. Per tali motivi, ho pensato che era necessario creare un ponte di collegamento idoneo ai nostri tempi, e quindi una mattina mentre lavoravo alla realizzazione del friscalettu pensai a realizzare un video dimostrativo sulle tecniche di realizzazione del friscalettu e inserirlo su youtube. Le visualizzazioni sono state moltissime, chissà se qualcuno tra questi non sia oggi diventato un abile costruttore e un appassionato suonatore di friscalettu. Me lo auguro!

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Partecipazione al Mandorlo in Fiore - gruppi Gergent, Città dei Templi, Kerkent

Riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato stampa in merito la partecipazione alla Festa del Mandorlo in Fiore dei gruppi folklorisitici Gergent, CIttà dei Templi e Kerkent.


I gruppi folklorici agrigentini Gergent, Città dei Templi e Kerkent, avendo ricevuto dall’Ente Parco Archeologico il programma degli eventi riservati al folklore locale che prevede un coinvolgimento dei gruppi agrigentini in vari momenti della kermesse, certamente migliorativo rispetto all’anno precedente, come nella scelta dei gruppi internazionali che parteciperanno al Festival del Folklore, sicuramente migliore e numericamente rilevante, hanno deciso di aderire e quindi partecipare alla prossima edizione del Mandorlo in Fiore. Apprezziamo l’apertura dell’Ente Parco alle realtà locali finalizzata alla valorizzazione delle nostre tradizioni popolari che non può limitarsi al Mandorlo in Fiore ma più in generale ad un riconoscimento dell’alto valore culturale delle nostre tradizioni popolari ed alla valorizzazione dei gruppi che operano in tale ambito. Riteniamo altresì che altre questioni inerenti l’organizzazione o il profilo culturale che gli Enti preposti , negli anni hanno voluto dare al Mandorlo in Fiore, siano estranee alla vicenda dibattuta da sempre, che è quella che ci riguarda , della valorizzazione dei gruppi e quindi al riconoscimento del ruolo da sempre rivendicato, di soggetti che promuovono seppure tra tante difficoltà il folklore anche all’estero e che possono dare il proprio contributo anche nell’organizzazione dell’evento. L’organizzazione del Mandorlo in Fiore, da quando è nata la manifestazione, è stata demandata nel tempo a vari Enti che hanno scelto una linea di indirizzo di volta in volta diversa rispetto alle date, ai programmi, alle scelte artistiche che talvolta in passato escludevano o limitavano la partecipazione dei gruppi locali. Grazie a battaglie comuni negli anni i gruppi hanno avuto un ruolo centrale con il comune di Agrigento prima e adesso con l’Ente parco archeologico che può far sì che questo ruolo possa rafforzarsi con proposte concrete che nessuno tra i gruppi al momento ha formalizzato. Da tempo si discute della possibilità di istituire un comitato dei gruppi agrigentini che possa essere da supporto agli Enti organizzatori, una proposta che noi ancora oggi condividiamo e che cerchiamo di promuovere con la collaborazione degli Enti preposti per le prossime edizioni.

Gergent – Luca Criscenzo
Città dei Templi – Dario Danile
Kerkent – Cinzia Puleri

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La mostra dello strumento popolare

L’amore per la musica e per l’arte in generale portarono il noto agrigentino Claudio Criscenzo, a creare una vera e propria mostra di strumenti popolari provenienti da tutto il mondo.

 

Nel 1994 con la prima rassegna di musica popolare, inserita all’interno della kermesse del mandorlo in fiore, ebbe il merito di portare alla ribalta la sua collezione privata formata da circa 400 strumenti di varia natura (membranofoni, aerofoni, idiofoni, cordofoni e a percussione).

 

collezione di strumenti popolari claudio criscenzo 1Gli innumerevoli viaggi all’estero, la ricerca puntigliosa e puntuale con la quale Claudio Criscenzo amava approcciarsi alla cultura popolare e all’arte in generale, fecero nascere in lui la voglia di trasmettere al vasto pubblico, la collezione di strumenti popolari, che gelosamente nei vari anni aveva raccolto e custodito, prefiggendosi lo scopo di diffondere alle nuove generazioni, ad adulti e bambini, il ricchissimo patrimonio etnico, musicale e culturale; in altre parole l’amore per la musica popolare siciliana e non solo.

Le varie mostre organizzate in tutto il territorio regionale siciliano, oltre all’esposizione visiva degli strumenti, prevedono spiegazioni e dimostrazioni apposite da parte di esperti musicisti, con l’intento di far appassionare l’uditore e promuovere la conoscenza tecnica e non solo di alcuni degli strumenti esposti.

È inoltre installata una postazione multimediale, accessibile a tutti i visitatori, permettendo in questo modo, agli astanti di viaggiare con la mente e con il cuore nel mondo affascinante dei suoni differenti, ma allo stesso tempo accomunati dalla sintonia ritmica della cultura musicale.

collezione di strumenti popolari claudio criscenzo 2Dopo la scomparsa del fondatore Claudio Criscenzo, la mostra da lui ideata viene con amore e dedizione, nonostante le tante incombenze, portata avanti magistralmente dal figlio Luca, con la collaborazione di alcuni musicisti professionisti dell’associazione culturale Gergent.

Di recente, è stata la scuola ‘G. Guarino’ e il Liceo ‘M.L.King’ di Favara che ha accolto con grande entusiasmo la mostra, riscontrando tra i ragazzi enorme fervore.

Una mostra preziosa e unica nel suo genere, composta da innumerevoli strumenti provenienti da ogni angolo della terra, che suonati hanno permesso di far sintonizzare la mente e il cuore dei ragazzi con quelli dei popoli di tutto il mondo.

La musica, che i presenti hanno avuto modo di ascoltare, anche se differente, ha alla base la stessa atavica bellezza e bisogno primitivo di collegarsi al primo “sentire” dell’uomo.

Dall’altra parte, la lingua, come la musica e la cultura non conoscono confini; anzi sono proprio questi ad essere frantumati e trasformati in sentimenti univoci e unilaterali.

collezione di strumenti popolari claudio criscenzo 3Pertanto poco importa, se gli strumenti in questione siano di origine europea piuttosto che africana o asiatica, tutti suonano e intonano la stessa melodia, ovvero quella della musica popolare, etnica, folk.

La mostra oltre a vantare con orgoglio la “collezione Criscenzo” conserva in principio questo scopo; far avvicinare il più possibile, le nuove generazioni e non solo, alla cultura musicale popolare, portatrice della linfa vitale necessaria per i suoni e le melodie del nostro futuro. La musica col suo linguaggio universale, ha la capacità di unire le anime all’unisono, perché la musica con la sua genuina potenza è in grado, più di ogni altra forma espressiva, di superare ogni limite imposto dalle società odierne collegandosi al mondo dei riti e dei canti popolari, prendendo le distanze da ogni genere di consumismo e ideologia di mercato, principale causa di distruzione delle primordiali tradizioni.

Come ha scritto Angelo Vita “Psicopedagogista e docente di storia e filosofia”

mentre Luca ed Angelo erano intenti a farci conoscere con suoni e parole gli strumenti provenienti da ogni parte del mondo, ci hanno permesso di guardare oltre, di ascoltare altro, di trasferirci altrove… in quel mondo in cui la vita è ancora scandita dai suoni tribali fatti di ritmo, di passione e di tanta voglia di vivere la vita nel rispetto assoluto delle a/ritmie che segnano l’esistenza di ciò che solo noi siamo ogni qualvolta lo percepiamo.

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