La Sagra del Mandorlo in Fiore ricordata da Lello Casesa

vista davanti la chiesa di san calogero

Appartengo alla generazione di quelli che hanno vissuto, in prima persona, la Sagra del Mandorlo in Fiore dai primi anni 80, insieme a mio padre Gigi ed al Gruppo Folkloristico Val d’Akragas.

Ricordo, come fosse adesso, quella settimana di Febbraio di ogni anno, il piu’ delle volte fredda e asciutta con le interminabili sfilate del mercoledì per la Fiaccolata con spettacolo allo Stadio Comunale e la sfilata conclusiva domenicale fino alla Via Manzoni (zona Esseneto) in attesa dell’esibizione davanti al maestoso Tempio della Concordia.

Sono gli anni intensi di Giuggiu’ Gallo (Lider maximo, attaccato fino a tarda sera alla cornetta del telefono d’ufficio per portare il meglio del folklore del mondo), Ermogene La Foreste, Nicola Fiore, Corrado Catania, Andrea Carisi, Michele Guardì, Giulio Viola e poi ancora Lillo Salsedo, Pippo Agozzino, Mario Gaziano, Aurelio Patti, Benedetto Adragna, Giovanni Sardone, Franco Caponnetto, Mimmo Canino, Enzo Abate, Franco Catalano, Pippo Calandrino, Giovanni Parisi, Lillo Inguanta e tantissimi altri appassionati alla Festa piu’ bella degli agrigentini.

riunione in sala stampa

Quell’idea di Sagra, concepita e organizzata all’EPT (Ente Provinciale Turismo) al Viale della Vittoria civico 255, non esiste piu’ !! Rimane solamente un ricordo ed un monito per tutti noi.

E’ necessario oggi proiettare la Sagra del futuro partendo dal passato ed imprimere allo spirito popolare e sociale della Festa un significato economico turistico ed una valenza internazionale.

manifesto sagra del mandorlo- n fiore

Ammetto che l’idea dello “spacchettamento” della Sagra ha prodotto risultati positivi all’economia complessiva e bisognerebbe andare in questa direzione ma bisogna rafforzare questa impostazione pianificando in largo anticipo gli eventi utilizzando la potente forza dei social, per vendere turisticamente “ il Mandorlo in Fiore ” nei settori e nei mercati di riferimento.

Fino a quando non avremo tutti questa capacità di programmare, pianificare e disegnare il progetto, continueremo a straparlare di Sagra da gennaio a marzo senza concludere nulla.

Lello Casesa

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Festa del Mandorlo in Fiore 2019: si lavora al programma, prevista la partecipazione attiva dei gruppi locali

i costumi femminili del gruppo folkloristico gergent

Siamo ancora a Novembre, ma già trapelano le prime notizie certe riguardanti l’edizione 2019 della Festa del Mandorlo in Fiore, la kermesse più attesa dagli agrigentini.

La settantaquattresima edizione avrà inizio il prossimo 2° marzo e si svolgerà fino al 10 marzo. Si lavora ancora al programma, che però è quasi pronto e che prevede già un punto fisso e insindacabile: la partecipazione attiva alla kermesse dei gruppi folkloristici locali.

 

Dopo le polemiche dell’anno scorso, che avevano visto in una prima fase alcuni gruppi locali tradizionalmente legati alla kermesse fare un passo indietro, tanto da rendere noto un comunicato stampa in base al quale professavano di non volere partecipare all’evento per via del poco spazio concesso loro nell’ambito della manifestazione, per questa nuova edizione tutto sembra essere già stato messo in chiaro. Da poco, infatti, è già stato reso noto dal Parco Archeologico della Valle dei Templi, che si occupa dell’organizzazione dell’evento, che i gruppi folkloristici agrigentini sono i padroni di casa e dunque svolgeranno una parte attiva nell’edizione 2019. Per questo è stata inviata una nota ufficiale di invito a tutti i gruppi folkloristici locali, in cui viene sottolineato il loro importante ruolo nell’ambito della manifestazione, che quest’anno, peraltro, è inserita nel Registro delle Eredità Immateriali della Regione Siciliana.

Il loro ruolo consisterà non solo nella partecipazione alle sfilate e nell’esibizione in performance tradizionali, ma anche nel fare da padrini ai tanti ospiti noti che saranno presenti durante l’evento. Nello specifico dovranno farsi portavoce di un messaggio di arte, cultura e tradizione, esprimendo il grande valore storico della kermesse. Inoltre, in misura maggiore rispetto al passato, potranno presiedere a particolari eventi collaterali di festa, formazione e aggregazione, divulgando il loro grande patrimonio musicale, coreutico e canoro. Previsto, inoltre, il rafforzamento dei momenti destinati alle loro esibizioni.

Sempre nella stessa nota, il Direttore del Parco Archeologico Giuseppe Parello ha espresso l’augurio che tutti i gruppi folkloristici locali possano dare l’adesione al programma della Festa del Mandorlo in Fiore 2019, in modo da arricchire la kermesse restituendole il suo naturale patrimonio tradizionale da sempre tutelato dai gruppi agrigentini.

Intanto si continua a lavorare al programma, che prevede la tradizionale apertura della kermesse con il Festival Bambini del Mondo, previsto da giorno 1 marzo fino al 5 marzo, e il proseguo con il Festival Internazionale del Folklore, che si aprirà sempre il 5 marzo con la consueta Accensione del Tripode e terminerà domenica 10 marzo con lo spettacolo finale e la premiazione.

Anche quest’anno il Palacongressi Empedocle sarà il cuore pulsante della manifestazione, nella struttura del Villaggio Mosè si terranno infatti le esibizioni dei gruppi e i Pomeriggi del Mandorlo con l’accoglienza dei gruppi, i laboratori creativi per bambini, i laboratori interculturali, i laboratori del gusto, le mostre e i concerti. Previsti anche momenti di spettacolo e laboratori per ragazzi al Teatro della Posta Vecchia e a Girgenti con l’iniziativa denominata Pomeriggi giurgintani che include focus su danze, laboratori e attività volte alla riscoperta del patrimonio culturale promosso dalla kermesse.

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Eroica Fenice: Testata Campana da Tenere d’Occhio

logo eroica fenice

Tra le realtà emergenti campane, c’è una testata che fa della sinergia tra suoi giovani (spesso giovanissimi) articolisti, la qualità e l’originalità dei contenuti, oltre che nella precisione e rapidità nello stare sul pezzo, il suo punto di forza e di unicità.

 

Stiamo parlando dell’Eroica Fenice, giornale web fondato da Marcello Affuso e Giuseppina Iervolino, entrambi docenti di materie umanistiche, la cui storia è un ottimo esempio di come da piccole ma necessarie ribellioni possano nascere nuove fantastiche realtà.

 

Era il 2012 quando entrambi lavoravano da diversi mesi per un giornale universitario di grandi prospettive e con diverse redazioni sparse per tutta Italia.

Quell’ingranaggio perfetto all’esterno nascondeva però tante dinamiche farraginose e perverse al suo interno: una gestione dispotica, arrogante e incapace di accogliere i bisogni e le esigenze degli articolisti – per lo più studenti universitari - che accecati dalla promessa di una futura retribuzione e dei patenti da pubblicisti, lavoravano a testa basta e senza mai alcuna gratificazione.

Affuso e Iervolino, che da poco avevano creato un nuovo polo nel napoletano di cui erano stati designati come i principali responsabili, stanchi e preoccupati per la sorte dei nuovi adepti presero una decisione istintiva quanto inaspettata. Ammutinamento di massa. Era finito il tempo dello sfruttamento, bisognava cambiare regime. Lasciata la testata, la redazione, rimasta quindi senza sito, decise allora di aprire un blog, in segno di rivalsa e di riscatto.

Così, dalle ceneri, emerse una Fenice eroicamente sopravvissuta e più viva che mai.

 

Da piccolo blog di nicchia a giornale riconosciuto e apprezzato.

Media partner di importanti festival – come quello della musica di Brescia - e presente con microfoni e fotocamere a rassegne, concerti, spettacoli teatrali ed eventi gastronomici, l’Eroica Fenice è riuscita dove molti falliscono: nel dare continuità ad un sogno.

Sono passati 7 anni e i due, infatti, oggi ancora ci lavorano quotidianamente.

Nessuna ansia, pochi articoli mensili richiesti ai collaboratori e tantissime occasione di accredito, oltre che di convivialità.

Eroica Fenice ha lanciato un nuovo modello di giornalismo, basato sull’umanità, sul gruppo e sul lavoro di squadra. Un esempio raro e sicuramente da imitare.

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Tracce ed orme della nostra Storia: una Nuova Serie alla Scoperta della Sicilia

“Tracce ed orme della nostra Storia” è la prima serie tv che si propone di portare all’attenzione dello spettatore i luoghi e i territori ancora nascosti della Sicilia, poco noti persino ai grandi motori di ricerca.

 

Questa serie tv, realizzata in via sperimentale nella zona orientale dell’isola, è un’iniziativa dedicata al turismo culturale, la cui particolarità sta proprio nell’aver deciso di occuparsi di tesori semi sconosciuti: i siti visitati non sono rintracciabili tramite Google Maps o su Wikipedia.

 

Le prime puntate sono state realizzate in collaborazione con la testata web topbtw.com e sono state già trasmesse da alcune tv private: Canale 2 e LaTtr3 di Marsala, Televallo e Tele8tv di Mazara del Vallo.

 

Ai servizi televisivi, ancora in fase di realizzazione, hanno collaborato numerosi professionisti del mondo dell’informazione culturale, con la preziosa collaborazione tecnico-scientifica di Mario Tumbiolo, noto architetto di Mazara del Vallo.

Il progetto “Tracce ed orme della nostra Storia”, presentato all’Assessorato ai Beni Culturali della Regione Sicilia nel quadro delle iniziative dedicate allo sviluppo della cultura siciliana, è articolato per argomenti.

La Sicilia mostra così località capaci di soddisfare la curiosità di storici, appassionati di avventure o semplici curiosi che intendano andare a fondo nella scoperta di una terra ricca di storia ma proiettata nel futuro.

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La festa durante l’infanzia: un ricordo

tamburello siciliano ad agrigento

La vita non è quella che si è vissuta,
ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.

“Vivere per raccontarla” Garcìa Marquez

Avevo all’incirca otto/dieci anni. La mattina d’inverno era sempre difficile alzarsi. La mia sveglia (dalla forma di gallina) suonava di continuo finché, sfinita, pigiando sulla sua cresta mi dava il “buongiorno”.

Le mattine di Febbraio in Sicilia sono “frizzantine”, anche se il sole riscalda e ti rigenera il cuore. Così, fatta colazione, guardando il mio cartone animato preferito (“Flò, la piccola Robinson”), ci eravamo preparati per la tanto attesa “festa”.

 

Era domenica, il giorno conclusivo della Sagra del Mandorlo in Fiore (che per noi bambini coincideva con il carnevale).

 

Con l’entusiasmo che caratterizza i bambini, e con la felicità nel cuore per poter indossare la maschera del proprio personaggio preferito, mi preparavo alla grande festa.

Naturalmente non potevano mancare i coriandoli colorati e le stelle filanti (le mie preferite).

Queste sono un po’ come la vita, sai da dove partono, ma non sai mai che direzione prendono.

Questa atmosfera di festa si accompagnava al suono dei flauti del Perù. Eh sì, c’era sempre quel signore sud americano, che col suo flauto, accompagnato da una base musicale, ci portava un po’ del suo mondo e della sua cultura.

Ricordo la confusione, quella che diverte i bambini, quella folla che crea allegria, e il caldo sole che accompagnava la festa. Nello sfondo la Valle dei Templi incorniciata da magnifici e profumati alberi di mandorlo.

Si dice che man mano si cresca i ricordi più lontani nella memoria riaffiorino.

Credo che l’uomo sia fatto di “ricordi”, che costituiscono lo sfondo della sua esperienza vissuta e che sono poi la base per il “next”, il suo futuro.

Il ricordo ha a che fare con la memoria. Questa è un’attività psichica tanto semplice quanto complessa. La memoria è prima di tutto “corporea”. Quanti di voi non ricordano un odore che fa riaffiorare esperienze ed eventi passati? Il nostro corpo è il custode dei nostri ricordi e memorie che a volte dimentichiamo (volontariamente o involontariamente).

La memoria è “incarnata”, è manifesta nel nostro corpo, attraverso la postura, i gesti e il corpo nella sua interezza. Da queste manifestazioni possiamo avere importanti informazioni sulle nostre esperienze passate e su quello che oggi siamo in seguito alla nostra storia e alle nostre relazioni.

L’essere umano è tanto grandioso da mettere in atto meccanismi di regolazione dei ricordi.

Alcuni rimangono nella nostra memoria per tutta la vita, altri cadono nell’oblio.

E’ un processo tanto variabile da persona e persona, e l’ambiente e le relazioni con l’Altro influenzano questo processo.

La memoria e i ricordi ci danno la possibilità di mantenere una continuità della nostra vita interiore, consentendoci di avere un filo invisibile che collega il nostro passato con il nostro presente e guardare al futuro.

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Festa Del Mandorlo In Fiore 2018 E Patrimonio Immateriale Unesco, Un Binomio Vincente

La Festa del Mandorlo in Fiore 2018 si avvicina e già molti iniziano a porsi varie domande su come verrà strutturata questa nuova edizione, quali saranno i gruppi locali, nazionali e internazionali partecipanti, quali le location effettivamente coinvolte e cosa si cercherà di valorizzare, in modo particolare, rispetto all’edizione passata.

Nello specifico, una domanda intelligente potrebbe essere quella riguardante la possibile scelta di puntare, come già è stato fatto quest’anno, o meno sulla valorizzazione di ciò che fa parte del patrimonio immateriale dell’Unesco.

Infatti, l’Unesco, oltre a tutelare i siti patrimonio dell’umanità che rappresentano cose tangibili, ha inserito in un apposito elenco i patrimoni orali e immateriali dell’umanità che sono espressioni della cultura immateriale del mondo, quindi le antiche tradizioni che spesso sono tramandate oralmente nel corso delle generazioni.

A tal proposito, già nel 2003 è stata approvata dall’Unesco una convenzione, ratificata in Italia nel 2005, che nasce dalla consapevolezza che le forme immateriali della cultura radicate nella storia e nel tessuto sociale dei Paesi sono risorse fondamentali di identità e diversità culturale.

Al pari dei siti culturali e naturali, esse vanno preservate e tutelate come patrimonio universale e trasmesse come parte viva del passato alle generazioni che verranno.

Questa convenzione ha esteso notevolmente il concetto di “patrimonio” e ha rappresentato un completamento di ciò che era stato già affermato nel 1972 sul Patrimonio Culturale e Naturale e poi nel 1989 con la Raccomandazione sulla Salvaguardia della Cultura Tradizionale e del Folklore che identificava all’art. 1 “la diversità con l’unicità e la pluralità delle identità dei gruppi e delle società che costituiscono l’umanità; come fonte di scambio, di innovazione e creatività, la diversità culturale è necessaria per l’umanità quanto la biodiversità per la natura”.

L’Unesco, quindi, è già da tempo sensibile al tema della conservazione dei capolavori immateriali rappresentati da antichi saperi, manifatture e tradizioni che non hanno una codificazione scritta ma solo una diffusione orale.

La Festa del Mandorlo in Fiore 2018 potrebbe, dunque, rappresentare un’occasione di salvaguardia e sponsorizzazione del patrimonio immateriale dell’Unesco.

Nel corso dell’edizione passata si erano organizzati diversi laboratori, come quello riguardante la dieta mediterranea, la cui iscrizione nella lista dei patrimoni risale al 2013, la metodologia di coltivazione della vite ad alberello di Pantelleria, iscritta nel 2014, la tradizione dei pupi in Slovacchia, iscritta nel 2016, e l’opera dei pupi siciliani, iscritta nel 2008. Tra le rappresentazioni, invece, si era pensato di dare spazio alle torri umane della Spagna, iscritte nel 2010, chiamate “castells” e costruite da membri di gruppi amatoriali, in piedi sulle spalle l’uno dell’altro, all’arte drammatica rituale iraniana di Ta’zìye, iscritta nel 2010, che racconta eventi religiosi e storici attraverso la musica e il movimento, a quella indiana di Mudiyettu con la danza rituale di Kerala, inscritta nel 2010, basata sul racconto mitologico di una battaglia tra la dea Kali e il demone Darika, al Canto a Tenores, sviluppato nell’ambito della cultura pastorale della Sardegna e iscritto nel 2008, all’Ariang, canzone popolare della Repubblica popolare democratica di Corea, iscritta nel 2014, e alla musica del villaggio di Terchovà in Slovacchia, iscritta nel 2013, che è una musica vocale e strumentale collettiva eseguita da cinque membri di ensemble d’archi.

Ci auguriamo che anche per la Festa del Mandorlo in Fiore 2018 si decida di scegliere e di valorizzare tutto ciò che fa parte del patrimonio immateriale dell’Unesco, ottenendo in tal modo un binomio vincente e proseguendo così in un’ottica di qualità che fa tanto bene sia alla manifestazione in sé sia all’immagine turistica e culturale che Agrigento dovrebbe avere, in modo incondizionato, sempre.

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Di Ciàula, Miniere e Lune Agrigentine

Ieri notte non ho atteso trepidante l’email di Facebook con i dati di copertura: sapevo già che erano buoni.

Però ero curioso e così la prima cosa che ho fatto stamane è stata proprio aprire la mia casella di posta… sono rimasto piacevolmente sorpreso.

Solo questa settimana abbiamo raggiunto le 67,50 mila persone contro le 48,71 mila della settimana precedente e le 31,45 mila della settimana ancora precedente.

Già che c’ero mi sono dedicato un po’ anche a Google Analytics, oltre che ai Facebook Insight, e sono andato a cercare tra i fornitori di servizio alcuni nomi eccellenti che ci avessero fatto visita.

Ed, anche li, sono restato piacevolmente sorpreso: abbiamo ricevuto visite da alcune università (tra cui quella di Weimar, di Siena, di Catania e di Palermo)… ma quella che ha più solleticato la mia autostima è stata quella dello IED (Istituto Europeo di Design).

Vuol dire che il progetto sta funzionando per come era stato pensato e per me è sia una soddisfazione personale che una speranza per il “futuro”.

Perché sapete… il progetto era stato pensato per essere un approfondimento sul Mandorlo in Fiore e su ciò che vi girava intorno; voleva cercare di non essere banale, di farsi leggere e di far vedere la bellezza.

Già la bellezza… è il mio solito chiodo fisso!!! 😉

Ed è qui che mi è sovvenuta un’altra novella di Pirandello: “Ciàula scopre la Luna”.

Non ve la riassumo, farei un pessimo servizio a Pirandello, tuttavia mi sto sentendo un novello Ciàula.

Anche io, come Ciàula, non ho paura del buio della “miniera”, mi è familiare e mi muovo a mio agio nei meandri di Internet; tuttavia ho paura del buio della notte: non so muovermi bene tra la gente.

E vi assicuro che per questo progetto ho dovuto parlare con tanta gente… tuttavia ho scoperto la bellezza della Luna e, come il protagonista della novella, anche io ho posato il mio sacco di zolfo e la sto rimirando, piangendo di gioia.

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Alle volte è meglio fidarsi dei conciabrocche agrigentini

Ieri sera, dopo avere letto l’email inviatami da Facebook riguardo alla bella copertura dei passati 14 giorni (78,99 mila persone), mi è venuta in mente una storia che noi agrigentini conosciamo tutti… ad esempio a me la narrava mia madre da bambino per farmi ridere.

La riassumo per chi ci legge da fuori Agrigento (affidando alla pagina Wikipedia un primo spunto per incuriosirvi e spingervi a leggere la novella, che merita veramente di essere letta).

La riassumo nella maniera che mi è più cara, ovverosia nella versione che mi narrava mia madre.

Don Lollò acquista una poderosa giara per conservare l’olio della spremitura degli ulivi, che quell’anno grazie al suo sfruttamento dei contadini, sarebbe stato particolarmente abbondante.

Tuttavia la giara viene trovata rotta.

Don Lollò va a chiamare il più bravo conciabrocche del paese, un tale Zi’ Dima.

Questo Zi’ Dima, nella sua attività di conciabrocche, si vantava di avere inventato una colla così potente da potere mettere a nuova la giara di Don Lollò.

Tuttavia Don Lollò non si fida di Zi’ Dima ed insiste che l’artigiano debba anche dare dei punti metallici all’orcio.

Ne nasce un battibecco che vede Zi’ Dima entrare nella giara per la necessità di mettere i punti; tuttavia, alla fine dell’opera, questi non riesce più ad uscire dal panciuto vaso.

A questo punto è magistrale, nella novella, il litigio tra i due, litigio dove Zi’ Dima vuole uscire e Don Lollò vuole pagata per intero la giara che dovrà rompere per accontentarlo.

Devo essere onesto, mia madre sorvolava sulla figura dell’avvocato (credo un poco sinistra nella visione pirandelliana) ed arrivava direttamente al fatto che Don Lollò pagava Zi’ Dima e che quest’ultimo acquistava del pesce fritto e del vino per tutti i contadini, che ballavano e cantavano intorno alla giara, bevendo alla salute del conciabrocche e trascorrendo un’allegra serata.

Il proprietario della giara alla fine, indispettito, mollava un potente calcio al recipiente e questo, dopo un rotolare per una discesa, si rompeva e permetteva al conciabrocche di uscire tra le risate dei contadini.

Evidentemente Pirandello era un fino conoscitore dell’animo degli agrigentini.

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