Il ballo delle polarità

“Ti muovi sulla destra poi sulla sinistra resti immobile sul centro provi a fare un giro su te stesso, un giro su te stesso. “You miss me and I miss you” (Il cerchio simbolizza T’ai chi che è informe e al di sopra di ogni dualità. Qui esso manifesta se stesso, come il progenitore dell’universo. E’ diviso tra Yin (il buio) e Yang (la luce) che significa polo negativo e polo positivo. Coppie di opposti, passivo e attivo, femmina e maschio, luna e sole). Gli aborigeni d’Australia si stendono sulla terra, con un rito di fertilità vi lasciano il loro sperma.”

Battiato “Il ballo del potere”

 

Il Ballo rappresenta da sempre un mezzo attraverso il quale i popoli da sempre hanno potuto “vivere” le emozioni. Il ballo è movimento, è alternanza di polarità, è l’alternanza delle stagioni.

 

Nel movimento del Ballo c’è la dinamicità e la vitalità di ogni cosa. Ma il movimento è anche nelle nostre relazioni, tra due amanti, tra i passanti.

 

Basta osservare due corpi in interazione tra loro e si può cogliere la “danza” dei loro corpi.

Il movimento dell’uno interviene nel movimento dell’altro e viceversa, in una danza continua. Siamo movimento, alternanza di emozioni e sensazioni.

Così le polarità, Yin (il buio) e Yang (la luce), il passivo e l’attivo, femmina e maschio danzano alternandosi in un movimento che dà ritmo e che completa.

L’uomo è il risultato di polarità, “danza” continuamente lungo un continuum fatto di estremi opposti.

“Tutto è duale, tutto ha due poli, ogni cosa ha il suo opposto. Ogni cosa “è” e “non è” allo stesso tempo, ogni verità non è che una mezza verità e al contempo una mezza falsità. Gli opposti condividono la stessa natura in gradi diversi, gli estremi si toccano, tutti i paradossi possono essere riconciliati.”

(Il Kybalion)

 

Nella vita diventa importante alternare e far “emergere” gli opposti.

Si può prendere in considerazione i due aspetti “opposti” per antonomasia nella vita dell’uomo: Apollineo e Dionisiaco. Il primo ha a che fare con gli aspetti più “razionali”, i “piedi per terra”, tutto ciò che rimanda alla logica e alla ragione, il secondo, viceversa riguarda gli aspetti che riguardano “l’istinto”, “il lasciarsi andare”. Il “cristallizzarsi”, la “staticità” dello stare in una sola delle due polarità comporta rigidità, disagio e il “non sentirsi completi”.

La possibilità di danzare tra le polarità rende fluidi, spontanei e completi.

Hermann Hesse nel suo romanzo “Narciso e Boccadoro” mette in risalto, attraverso i protagonisti, le due polarità della Natura e dello Spirito. Narciso rappresenta la Natura ed utilizza solo i sensi per leggere la vita e Boccadoro lo Spirito, con l’utilizzo unico di questo.

Infine nel ballo delle polarità non possiamo non ricordare C.G. Jung.

Secondo l’Autore l’energia psichica fluisce tra polarità che sono opposte: logos/Eros, Potere/Amore, Io/Ombra, Razionale/Irrazionale, Sessualità/Religione, Contenitore/Contenuto, Individuale/Collettivo, ect.

Non ci resta che ballare e danzare a ritmo delle polarità della vita.

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La Danza Pagana: un senso di catarsi

All’aurora all’aurora tamburi in lontananza
E si fa’ festa con la danza, con la danza.
E c’e’ un ritmo che ci prende che ci fa’ cantare
e’ africana e’ africana viene dal ma…re.
E a meridiana a meridiana la musica e’ vicina
La radio va’ la radio suona, africana.
Madre mia madre ribelle,
Come e’ forte questa danza
Come brucia questo sole sulla pelle,
Luna mia luna pagana che ci fai danzare
Candelora candelora vieni dal mare.
Africana, suona suona
E’ dal mare che nasce l’anima pagana
E’ la musica che ci chiama e’ africana e’ africana,
Africana, danza danza, onda onda l’anima pagana
Avanza avanza, aria e aria, ora e ora, e africana.
E’ quando e’ notte, e’ quando e’ notte
Oh madre quando e’ notte,
La musica si fa’ piu’ forte quando e’ notte.
O madre mia madre d’argilla
Stanotte quante stelle,
E il vento soffia sulla pelle iappa da peppe
E c’e’ un ritmo che ci prende non ci fa’ dormire
E’ africana e’ africana viene dal mare.
Africana, suona suona e’ dal mare che nasce l’anima pagana
E’ la musica che ci chiama e africana e africana, africana, danza danza,
Onda onda l’anima pagana avanza avanza, aria e aria, ora e ora, e africana e africana

Danza Pagana, Mia Martini

 

In questa magnifica canzone di Mia Martini vengono racchiuse le caratteristiche della danza pagana.

 

Ci sono gli elementi della natura, il mare, la luna, la notte, il vento che accompagnano con la musica la danza.

 

Si tratta di una danza che ha avuto nel passato, e nelle diverse fasi storiche, diversi significati, ma sicuramente una danza il cui scopo principale è di catarsi e libertà.

Se pensiamo, ad esempio, alla tarantella (taranta nel territorio pugliese) è evidente il rimando alla catarsi intesa come guarigione dal morso della taranta (considerata il simbolo dei mali).

Nel Paganesimo le danze accompagnavano quasi sempre le pratiche e i riti. Un esempio ancora oggi presente nel Mediterraneo, nello specifico nell’Arcipelago della Grecia, è il Panegiri (greco antico: πανήγυρις “raduno”). Si tratta di un’assemblea generale, nazionale o religiosa dell’antica Grecia. Nel passato ognuno era al culto di un dio particolare.

Ancora oggi in Grecia vengono celebrati questi balli, in cui la gente si riunisce e si balla fino a notte fonda, in un ritmo crescente. Alcuni ritengono che la danza sia legata (in molte zone della Grecia) al dio Dioniso (in greco attico: Διόνυσος; in greco omerico: Διώνυσος; in greco eolico: Ζόννυσσος o Ζόννυσος, dio dell’estasi, del vino, dell’ebbrezza e della liberazione dei sensi).

Di fatto chi ha partecipato parla di atmosfera dionisiaca, in cui musica e ritmo crescente (ma anche il vino) creano una condizione di “alterazione” dalla realtà e di “catarsi”.

Che sia vero o meno, di fatto non si può negare il senso di leggerezza e di libertà che si crea nel ballare in gruppo al suon di musica.

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La festa durante l’infanzia: un ricordo

tamburello siciliano ad agrigento

La vita non è quella che si è vissuta,
ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.

“Vivere per raccontarla” Garcìa Marquez

Avevo all’incirca otto/dieci anni. La mattina d’inverno era sempre difficile alzarsi. La mia sveglia (dalla forma di gallina) suonava di continuo finché, sfinita, pigiando sulla sua cresta mi dava il “buongiorno”.

Le mattine di Febbraio in Sicilia sono “frizzantine”, anche se il sole riscalda e ti rigenera il cuore. Così, fatta colazione, guardando il mio cartone animato preferito (“Flò, la piccola Robinson”), ci eravamo preparati per la tanto attesa “festa”.

 

Era domenica, il giorno conclusivo della Sagra del Mandorlo in Fiore (che per noi bambini coincideva con il carnevale).

 

Con l’entusiasmo che caratterizza i bambini, e con la felicità nel cuore per poter indossare la maschera del proprio personaggio preferito, mi preparavo alla grande festa.

Naturalmente non potevano mancare i coriandoli colorati e le stelle filanti (le mie preferite).

Queste sono un po’ come la vita, sai da dove partono, ma non sai mai che direzione prendono.

Questa atmosfera di festa si accompagnava al suono dei flauti del Perù. Eh sì, c’era sempre quel signore sud americano, che col suo flauto, accompagnato da una base musicale, ci portava un po’ del suo mondo e della sua cultura.

Ricordo la confusione, quella che diverte i bambini, quella folla che crea allegria, e il caldo sole che accompagnava la festa. Nello sfondo la Valle dei Templi incorniciata da magnifici e profumati alberi di mandorlo.

Si dice che man mano si cresca i ricordi più lontani nella memoria riaffiorino.

Credo che l’uomo sia fatto di “ricordi”, che costituiscono lo sfondo della sua esperienza vissuta e che sono poi la base per il “next”, il suo futuro.

Il ricordo ha a che fare con la memoria. Questa è un’attività psichica tanto semplice quanto complessa. La memoria è prima di tutto “corporea”. Quanti di voi non ricordano un odore che fa riaffiorare esperienze ed eventi passati? Il nostro corpo è il custode dei nostri ricordi e memorie che a volte dimentichiamo (volontariamente o involontariamente).

La memoria è “incarnata”, è manifesta nel nostro corpo, attraverso la postura, i gesti e il corpo nella sua interezza. Da queste manifestazioni possiamo avere importanti informazioni sulle nostre esperienze passate e su quello che oggi siamo in seguito alla nostra storia e alle nostre relazioni.

L’essere umano è tanto grandioso da mettere in atto meccanismi di regolazione dei ricordi.

Alcuni rimangono nella nostra memoria per tutta la vita, altri cadono nell’oblio.

E’ un processo tanto variabile da persona e persona, e l’ambiente e le relazioni con l’Altro influenzano questo processo.

La memoria e i ricordi ci danno la possibilità di mantenere una continuità della nostra vita interiore, consentendoci di avere un filo invisibile che collega il nostro passato con il nostro presente e guardare al futuro.

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Il mito del mandorlo in fiore

La nascita dell’albero del mandorlo, simbolo per eccellenza della festa del mandorlo in fiore, è legata ad un mito (di cui esistono diverse varianti).

Il mito in questione è quello legato alla storia d’amore di Fillide e Acamante.

 

acamante abbraccia fillide sergio criminisiQuest’ultimo era un eroe greco, che fu coinvolto nella guerra di Troia, e Fillide era sua moglie, nonché principessa.

Dopo tanti anni di guerra, Fillide, non vedendo tornare il proprio amato, si lasciò morire dal dolore.

La dea Atena, impietosita da questa struggente storia d’amore, decise di tramutare la donna nell’albero del mandorlo.

 

L’amato, venuta a sapere la notizia, si recò presso il luogo dove si trovava l’ormai amata/albero e l’abbracciò.

Da questo abbraccio iniziarono a sbocciare dall’albero dei piccoli fiori bianchi, segno dell’eterno amore della coppia.

Ma che ruolo ha il “mito” nella storia e nella psiche dell’uomo?

 

Sicuramente un grande merito nello studio del mito come elemento fondante la psiche umana è affidato a Carl Gustav Jung (Kesswil, 26 luglio 1875 – Küsnacht, 6 giugno 1961) psichiatra, psicoanalista, antropologo e filosofo svizzero.

Secondo l’Autore, l’uomo ritrova il suo Sé attraverso il mito.

Questo, infatti, offre la possibilità di riconnettersi alle origini ancestrali, e quindi all’inconscio collettivo.

Questo è diverso da quello personale e soggettivo promulgato da Freud.

Infatti l’inconscio collettivo ha la caratteristica di essere comune a tutti gli uomini e a sua volta deriva dai loro antenati comuni.

Si può ben dire che il mito ha svolto, e continua a svolgere, un ruolo fondamentale e “necessario” per la psiche umana.

Attraverso la narrazione di storie di “fantasia” si esorcizzano paure ancestrali dell’essere umano e si ha la possibilità di integrare parti del proprio Sé che altrimenti rimarrebbero scisse.

L’etimologia della parola “mito” deriva dal greco mythos che vuol dire discorso, narrazione. Il mito è una narrazione o una favola che ha a che fare con i tempi antichi, con l’origine degli dei e del rapporto di questi con gli uomini.

Il mito è nato come tentativo di spiegare la realtà, di trovare risposte a domande importanti, soprattutto nei tempi antichi.

Dietro il racconto fantastico, e a volte sovrannaturale, si celano aspetti della realtà difficili da “narrare”.

E’ come se attraverso il mito l’uomo si sia dato la possibilità di “narrare a se stesso”.

Un altro aspetto importante del mito è la possibilità di fornirci informazioni sulla cultura e gli usi di un tempo.

Riprendendo il mito dell’albero del mandorlo si può notare la forza dell’amore e la visione estetica per il bello.

L’amore di una coppia che si tramuta in un albero dai fiorellini bianchi e candidi e che la cui fioritura ci ricorda la speranza della nuova primavera che arriva, la vita che nasce.

Non a caso l’albero del mandorlo è uno tra i primi alberi a fiorire in primavera.

L’amore vince sempre, può cambiare forma (albero) ma continua a vivere in eterno.

Il mito ha anche un altro aspetto, non ultimo per importanza, quello religioso e/o spirituale.

Spesso nelle storie interviene un essere sovrannaturale, come nel caso del mito preso in considerazione.

La dea Atena, impietosita dalla storia, aiuta i due amanti.

La pietà (dal latino: pietās) è un sentimento che induce amore, compassione e rispetto per le altre persone, e la dea in questo diventa più “umana”, avvicinandosi al “sentire umano”.

Curiosità: in Germania esiste una festa molto famosa “Das Mandelblüten-Fest” (Sagra dei fiori di mandorlo). Il festival dei fiori di mandorlo di Gimmeldinger si svolge ogni primavera nel villaggio vinicolo di Gimmeldingen, un quartiere di Neustadt nella Weinstrasse (strada del vino).

La festa del vino con l’esclusiva attenzione al fiore del mandorlo, è la più antica del suo genere e apre la stagione dei festival del vino in Germania.

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La Mandorla: Miti, Leggende, Magia E Folklore

Temple_of_Hera_-_Agrigento_-_Italy_2015

La mandorla è il simbolo della nascita e della resurrezione: infatti essendo il mandorlo il primo albero a sbocciare in primavera simboleggia la rinascita della natura, il suo rinnovarsi dopo la morte invernale.

 

Essa è molto ricca di significati esoterici, è il segreto che si svela rompendo il guscio, che protegge il seme.

 

Essendo nascosta, rappresenta l’essenza spirituale, la saggezza, la sapienza.

Infatti in alcuni riti sacri si prescrive di nutrirsene.

Avendo una forma ovoidale, essa è collegata alla matrice, come simbolo di fecondità e di nascita primordiale dell’universo e, in alcune civiltà, alla Magna Mater (Grande Madre).

Rappresenta un spazio chiuso, protetto, e delimita lo spazio sacro separandolo dallo spazio profano: protettrice che separa il puro, l’originario, dall’impuro. La vescica piscis, che richiama la mandorla, era un simbolo già noto in India, nell’antica Mesopotamia, in Africa e nelle civiltà asiatiche, ma si diffuse ampiamente soprattutto nel contesto cristiano, mediante l’associazione della figura del pesce a Cristo.

Per tutti questi significati simbolici la mandorla è stata collegata a numerosi miti e leggende, ha. diffuso parole sacre, cultura e folclore, che affondano le radici in tempi lontani nell’area geografica a clima mediterraneo in cui la pianta è coltivata.

 

Tempio di Era ad Agrigento
Tempio di Era ad Agrigento / Di © José Luiz Bernardes Ribeiro /, CC BY-SA 4.0

Essa è in relazione con particolari divinità antiche, per esempio, nel mito di Attis, la madre Nana concepisce il dio mettendosi in seno una mandorla; nella mitologia greca, essa è il simbolo di Era; noto è anche il mito di Acamante e Fillide.

La fioritura precoce sul ramo di mandorlo appare come un segnale di rinascita al profeta Geremia, nella Bibbia; nell’Esodo, Dio indica a Mosè di prenderne i fiori a modello per forgiare l’oro con il martello in modo da ottenere l’antico candelabro ebraico (Menorah) a sette bracci.

Il profeta Geremia - Michelangelo, volta della Cappella Sistina
Il profeta Geremia - Michelangelo, volta della Cappella Sistina

Nel testo biblico dell’Ecclesiaste, i fiori di mandorlo sono l’emblema di quanto la vita scorra velocemente fino all’invecchiamento: entro poco più di una settimana mutano di tonalità dal bianco rosato al bianco candido prima di cadere dai rami.

Antichi riti di magia venivano praticati durante il Medioevo, in cui la mandorla era uno degli ingredienti usati per fantomatici filtri d’amore e persino per pozioni afrodisiache; inoltre era frequente ridurla in poltiglia e mescolarla con olii profumati, tanto da essere utilizzata come base per creme da applicare sul corpo di giovani fanciulle in età da marito, ciò perché i fiori di mandorlo sbocciavano nella stagione considerata propizia per i fidanzamenti.

 

Anche nel folklore i fiori di mandorlo sono importanti.

 

Alle tradizioni folcloristiche della Spagna appartiene una leggenda araba secondo la quale il califfo musulmano Abd al-Rahman III fece piantare dei mandorli sulle colline attorno al suo palazzo nel villaggio di Madinat-al-Zahra, vicino Cordova.

Voleva restituire il sorriso all’amata moglie Azahara, che soffriva di nostalgia, alla vista dei fiori bianchi assomiglianti al candido manto di neve della Sierra Nevada, che lei un tempo poteva ammirare dalla propria abitazione a Granada.

 

In Germania vi sono numerose iniziative dirette a promuovere la pianta di mandorlo.

 

Nella regione del Palatinato è famosissima la “Sagra dei Fiori di Mandorlo” (Gimmeldingen Mandelblütenfest), organizzata a ricorrenza annuale dal 1935, tra la metà di marzo e l’inizio di aprile, nel villaggio di Gimmeldingen, dove i visitatori passeggiano lungo un percorso dedicato alle mandorle, gustando biscotti a forma di questo fiore decorato con glassa rosa; vi è pure l’elezione della “Reginetta dei fiori di mandorlo” dell’anno.

 

Nel sud del Marocco viene organizzato ogni anno nel mese di febbraio il “Festival del Fiore di Mandorlo”, in cui musicisti, ballerini e cantastorie allietano per l’occasione il villaggio di Tafraoute, tra le montagne Anti-Atlas, al centro della Valle Ameln, famosa per la produzione di mandorle.

Nel nord dell’India, da prima del XIV secolo, tra marzo e aprile, una folla di persone arrivava a Srinagar da tutta la valle del Kashmir per vedere lo spettacolo del giardino storico “Badamwari” (Alcova di mandorle) con i fiori di mandorlo sbocciati appena scomparso il gelo dell’inverno; per l’occasione venivano anche organizzati spettacoli culturali e festival.

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Che la festa abbia inizio: aspetti psicologici e antropologici

 

Nicht das ist das Kunststück, ein Fest zu veranstalten, sondern solche zu finden, welche sich an ihm erfreuen.“

(“Il trucco non è organizzare una festa, ma trovare quelli che si divertono.”)

Nietzsche

“Fèsta s. f. [lat. fĕsta, propr. femm. dell’agg. festus «festivo, solenne», che si ritiene connesso con feria, feriae «feria»]. – 1. a. Giorno destinato a una solennità, al culto religioso, a celebrazioni patriottiche o d’altro genere: istituire, stabilire, abolire una f.; f. religiose, civili, nazionali, di famiglia; f. popolari, di carattere religioso o civile, celebrate in forme tradizionali con luminarie, fuochi artificiali, concerti bandistici, balli pubblici, largo consumo di vivande caratteristiche, ecc.;[…]”

In questo modo il vocabolario Treccani definisce il termine “festa”.

Secondo Freud, nella sua opera “Totem e Tabù” (1913), la “festa è un eccesso permesso, anzi offerto, l’infrazione solenne di un divieto”.

E’ come se attraverso la festa possano essere contenute per quel periodo tutte le pulsioni incontrollabili dell’uomo, che contrariamente comporterebbero un’impossibilità a vivere in società (“L’uomo ha barattato un parte di sé per poter vivere in società”).

Se vogliamo possiamo dire una sublimazione, da Freud definita così: “la pulsione sessuale mette enormi quantità di forze a disposizione del lavoro di incivilimento e ciò a causa della sua particolare qualità assai spiccata di spostare la sua meta senza nessuna essenziale diminuzione dell’intensità.

Chiamiamo facoltà di sublimazione questa proprietà di scambiare la meta originaria sessuale con un’altra, non più sessuale ma psichicamente affine alla prima.” Nella definizione di Freud è possibile identificare da un lato l’aspetto del “piacere” della festa e dall’altro quello dell’“evasione” (“l’infrazione solenne di un divieto”).

Le feste hanno da sempre avuto un ruolo fondamentale nella vita degli uomini, da sempre. La festa, di qualsiasi tipologia essa sia, ha il ruolo fondamentale di aggregare, e di creare condivisione di vissuti.

C’è una parte privata e una pubblica nel vissuto della festa.

Ognuno di noi percepisce la festa con uno stato d’animo unico e singolare, potremmo dire una percezione intima, che si incontra con i vissuti percepiti dall’Altro.

E’ in questo incontrarsi, in questo “tra” che nasce la magia di fare festa insieme.

Nella festa entrano in gioco diverse variabili, prima fra tutte quella temporale.

La festa è tale all’interno di precise coordinate spazio-temporali.

Il tempo scandisce la festa e la rende unica.

L’aspetto temporale fa sì che in ognuno nasca il desiderio e l’attesa della festa.

Ma c’è anche un aspetto temporale legato al passato e al presente.

La festa crea un ponte tra il nostro passato e il presente, comportando la possibilità di un radicamento.

A tal proposito non si può non considerare l’aspetto dell’appartenenza.

La festa è pervasa dal senso di appartenenza e di condivisione.

Non occorre spiegare all’altro l’emozione e i vissuti legati alla festa, l’altro sa, in quanto ne fa parte anche lui.

E in questo senso di appartenenza che ci si perde sapendo di non essere soli.

Come è stato riconosciuto anche dall’antropologia, la festa è ricerca anche della felicità.

Sin dalla preparazione, nell’attesa dei giorni precedenti la festa, tutto ruota intorno alla felicità.

Si tratta della ricerca di felicità per quel giorno, o pochi giorni, in cui per un attimo vengono messe via le brutte sensazioni, i vissuti tristi.

Allora…buona festa a tutti!!!

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