Danzare a suono di musica, senza musica, soli o in gruppo.
La danza accompagna l’uomo in tutto l’arco della sua vita.
Basti pensare al famoso gioco/danza “giro giro tondo”, o più recentemente i video virali sul canale Youtube di bambini che danzano al suono di famose canzoni.
La danza ci “attiva”, ci dà “energia”; comporta l’attivazione di tutta una serie di muscoli e di funzioni corporee vitali, la respirazione, la coordinazione muscolare, etc. La danza ci “rende vivi”.
Martha Graham, celebre danzatrice e coreografa statunitense del XX secolo, definì la danza come “il linguaggio nascosto dell’anima”; scrive della danza:
“Credo che la ragione per cui la danza ha mantenuto intatta la propria eterna magia sia che essa è il simbolo della vita”
Persino in questo istante, mentre scrivo, il tempo sta trasformando l’oggi in ieri, in passato.
Col tempo le scoperte scientifiche più brillanti saranno riviste e superate, e ne emergeranno di nuove. L’arte, invece, è eterna, perché rivela il paesaggio interiore, l’animo umano.” (Memorie di sangue, Martha Graham)
La danza ha origini molto antiche ed ha rivestito diverse funzioni (danze religiose, danze guerriere, danze profane). La si ritrova nella mitologia e in affreschi di ogni epoca.
Nell’opera dell’Iliade, Omero, nel descrivere lo scudo di Achille, rende noto la presenza di giovani uomini e fanciulle che danzano in cerchio.
Si è ballato, e si continua a farlo, in tutto il modo, in ogni nazione, e spesso la danza ha caratterizzato anche l’identità di un popolo.
Basti pensare ad esempio all’Haka, la danza tipica del popolo MᾹORI, l’etnia originaria del popolo della Nuova Zelanda. Lo studioso Alan Armstrong, nel suo libro Games and Haka, la descrive come una complessa danza, espressione della passione, del vigore e dell’identità della razza, un messaggio dell’anima.
In un interessante articolo “La musica e la danza come terapia”, uscito nel 2015 nella Rivista della Società Italiana di Psiconeuroindocrinoimmunologia, il Professore S. Colazzo e il Professore F. Bottacciolo, trattano del ruolo della danza (e della musica) “che cura”.
La danza, come forma di arte, entra a pieno titolo all’interno delle Arti Terapie ed è stata, ed è tuttora, utilizzata per due scopi principali: la modulazione delle emozioni e il consolidamento del senso di comunità.
Si può ricordare l’esempio della “Pizzica” o “Taranta” salentina, una danza popolare ballata un tempo, e tutt’ora in alcune zone del Salento.
Questa danza è legata al rito del tarantismo: le donne morse dalla taranta, che si trovavano in uno stato di alterazione della coscienza (trance), venivano accompagnate, al suon di musica con la presenza di una vera e propria piccola orchestra, in un processo di “purificazione” dal male attraverso il ballo.
La danza coinvolge il corpo e la psiche dell’individuo.
“La danza è un’esperienza sociale, anche quando è a due. Per ballare con un’altra persona occorre aprirsi verso l’altro”.
L’ascolto del suo ritmo, la sincronizzazione del tuo corpo su quello dell’altro, il contatto sensoriale, inducono modificazioni cerebrali che ancora non conosciamo bene per la difficoltà tecnica di registrazione del cervello che danza, ma che sono intuibili e che da studi parziali emergono con chiarezza.” (S. Colazzo, F. Bottacciolo, 2015).
E’ evidente la complessità del ruolo della danza nella vita dell’individuo, la sua funzione sociale, che crea e consolida l’identità e che mette in comunicazione diverse individualità.
Voglio concludere con una frase di Vicki Baum, scrittrice, sceneggiatrice e giornalista austriaca naturalizzata statunitense: “Ci sono delle scorciatoie per la felicità, e la danza è una di queste.”
Bibliografia
“Maori Games and Haka: Instructions, Words and Actions”, Alan Armstrong, Reed, 2005.
“Memoria di sangue”, Martha Graham, Garzanti, 1992.
Omero, Iliade, XVIII.
Rivista della Società Italiana di Psiconeuroindocrinoimmunologia, n.2 anno 2015 pneireview.
Mi chiamo Maria Sorce, ma tutti mi chiamano Maryjo, sono una psicologa italiana e psicoterapeuta in formazione. Da poco emigrata in Germania, svolgo attività libero-professionale a Monaco di Baviera e mi occupo principalmente di Italiani emigrati all’estero. Il mio motto? “Praticate gentilezza a casaccio, e atti di bellezza privi di senso”.