La nascita dell’albero del mandorlo, simbolo per eccellenza della festa del mandorlo in fiore, è legata ad un mito (di cui esistono diverse varianti).
Il mito in questione è quello legato alla storia d’amore di Fillide e Acamante.
Dopo tanti anni di guerra, Fillide, non vedendo tornare il proprio amato, si lasciò morire dal dolore.
La dea Atena, impietosita da questa struggente storia d’amore, decise di tramutare la donna nell’albero del mandorlo.
L’amato, venuta a sapere la notizia, si recò presso il luogo dove si trovava l’ormai amata/albero e l’abbracciò.
Da questo abbraccio iniziarono a sbocciare dall’albero dei piccoli fiori bianchi, segno dell’eterno amore della coppia.
Ma che ruolo ha il “mito” nella storia e nella psiche dell’uomo?
Sicuramente un grande merito nello studio del mito come elemento fondante la psiche umana è affidato a Carl Gustav Jung (Kesswil, 26 luglio 1875 – Küsnacht, 6 giugno 1961) psichiatra, psicoanalista, antropologo e filosofo svizzero.
Secondo l’Autore, l’uomo ritrova il suo Sé attraverso il mito.
Questo, infatti, offre la possibilità di riconnettersi alle origini ancestrali, e quindi all’inconscio collettivo.
Questo è diverso da quello personale e soggettivo promulgato da Freud.
Infatti l’inconscio collettivo ha la caratteristica di essere comune a tutti gli uomini e a sua volta deriva dai loro antenati comuni.
Si può ben dire che il mito ha svolto, e continua a svolgere, un ruolo fondamentale e “necessario” per la psiche umana.
Attraverso la narrazione di storie di “fantasia” si esorcizzano paure ancestrali dell’essere umano e si ha la possibilità di integrare parti del proprio Sé che altrimenti rimarrebbero scisse.
L’etimologia della parola “mito” deriva dal greco mythos che vuol dire discorso, narrazione. Il mito è una narrazione o una favola che ha a che fare con i tempi antichi, con l’origine degli dei e del rapporto di questi con gli uomini.
Il mito è nato come tentativo di spiegare la realtà, di trovare risposte a domande importanti, soprattutto nei tempi antichi.
Dietro il racconto fantastico, e a volte sovrannaturale, si celano aspetti della realtà difficili da “narrare”.
E’ come se attraverso il mito l’uomo si sia dato la possibilità di “narrare a se stesso”.
Un altro aspetto importante del mito è la possibilità di fornirci informazioni sulla cultura e gli usi di un tempo.
Riprendendo il mito dell’albero del mandorlo si può notare la forza dell’amore e la visione estetica per il bello.
L’amore di una coppia che si tramuta in un albero dai fiorellini bianchi e candidi e che la cui fioritura ci ricorda la speranza della nuova primavera che arriva, la vita che nasce.
Non a caso l’albero del mandorlo è uno tra i primi alberi a fiorire in primavera.
L’amore vince sempre, può cambiare forma (albero) ma continua a vivere in eterno.
Il mito ha anche un altro aspetto, non ultimo per importanza, quello religioso e/o spirituale.
Spesso nelle storie interviene un essere sovrannaturale, come nel caso del mito preso in considerazione.
La dea Atena, impietosita dalla storia, aiuta i due amanti.
La pietà (dal latino: pietās) è un sentimento che induce amore, compassione e rispetto per le altre persone, e la dea in questo diventa più “umana”, avvicinandosi al “sentire umano”.
Curiosità: in Germania esiste una festa molto famosa “Das Mandelblüten-Fest” (Sagra dei fiori di mandorlo). Il festival dei fiori di mandorlo di Gimmeldinger si svolge ogni primavera nel villaggio vinicolo di Gimmeldingen, un quartiere di Neustadt nella Weinstrasse (strada del vino).
La festa del vino con l’esclusiva attenzione al fiore del mandorlo, è la più antica del suo genere e apre la stagione dei festival del vino in Germania.
Mi chiamo Maria Sorce, ma tutti mi chiamano Maryjo, sono una psicologa italiana e psicoterapeuta in formazione. Da poco emigrata in Germania, svolgo attività libero-professionale a Monaco di Baviera e mi occupo principalmente di Italiani emigrati all’estero. Il mio motto? “Praticate gentilezza a casaccio, e atti di bellezza privi di senso”.