La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
“Vivere per raccontarla” Garcìa Marquez
Avevo all’incirca otto/dieci anni. La mattina d’inverno era sempre difficile alzarsi. La mia sveglia (dalla forma di gallina) suonava di continuo finché, sfinita, pigiando sulla sua cresta mi dava il “buongiorno”.
Le mattine di Febbraio in Sicilia sono “frizzantine”, anche se il sole riscalda e ti rigenera il cuore. Così, fatta colazione, guardando il mio cartone animato preferito (“Flò, la piccola Robinson”), ci eravamo preparati per la tanto attesa “festa”.
Era domenica, il giorno conclusivo della Sagra del Mandorlo in Fiore (che per noi bambini coincideva con il carnevale).
Con l’entusiasmo che caratterizza i bambini, e con la felicità nel cuore per poter indossare la maschera del proprio personaggio preferito, mi preparavo alla grande festa.
Naturalmente non potevano mancare i coriandoli colorati e le stelle filanti (le mie preferite).
Queste sono un po’ come la vita, sai da dove partono, ma non sai mai che direzione prendono.
Questa atmosfera di festa si accompagnava al suono dei flauti del Perù. Eh sì, c’era sempre quel signore sud americano, che col suo flauto, accompagnato da una base musicale, ci portava un po’ del suo mondo e della sua cultura.
Ricordo la confusione, quella che diverte i bambini, quella folla che crea allegria, e il caldo sole che accompagnava la festa. Nello sfondo la Valle dei Templi incorniciata da magnifici e profumati alberi di mandorlo.
Si dice che man mano si cresca i ricordi più lontani nella memoria riaffiorino.
Credo che l’uomo sia fatto di “ricordi”, che costituiscono lo sfondo della sua esperienza vissuta e che sono poi la base per il “next”, il suo futuro.
Il ricordo ha a che fare con la memoria. Questa è un’attività psichica tanto semplice quanto complessa. La memoria è prima di tutto “corporea”. Quanti di voi non ricordano un odore che fa riaffiorare esperienze ed eventi passati? Il nostro corpo è il custode dei nostri ricordi e memorie che a volte dimentichiamo (volontariamente o involontariamente).
La memoria è “incarnata”, è manifesta nel nostro corpo, attraverso la postura, i gesti e il corpo nella sua interezza. Da queste manifestazioni possiamo avere importanti informazioni sulle nostre esperienze passate e su quello che oggi siamo in seguito alla nostra storia e alle nostre relazioni.
L’essere umano è tanto grandioso da mettere in atto meccanismi di regolazione dei ricordi.
Alcuni rimangono nella nostra memoria per tutta la vita, altri cadono nell’oblio.
E’ un processo tanto variabile da persona e persona, e l’ambiente e le relazioni con l’Altro influenzano questo processo.
La memoria e i ricordi ci danno la possibilità di mantenere una continuità della nostra vita interiore, consentendoci di avere un filo invisibile che collega il nostro passato con il nostro presente e guardare al futuro.
“Al 18° Festival I Bambini del Mondo partecipano i gruppi folcloristici internazionali provenienti da: Costa Rica, India, Russia, Calmucchia, Kazakistan, Georgia, Lituania e Slovacchia”
Sono otto i gruppi folkloristici internazionali che partecipano alla 18# edizione del “Festival Internazionale - I Bambini del Mondo”, organizzato dall’Aifa, Associazione International Folk Agrigento e che, anche quest’anno, apre la “Festa del Mandorlo in Fiore” di Agrigento.
“Si tratta di gruppi di altissimo spessore artistico e culturale – dichiara il presidente dell’Aifa Luca Criscenzo – nel loro repertorio hanno inseriti canti, danze e musiche dichiarati patrimonio immateriale dall’Unesco”.
“Tengrin Ki” proveniente dalla città di Elista, capitale della Repubblica di Calmucchia, Stato appartenente alla Federazione Russa, l’unico territorio del continente europeo a prevalente religione buddista. Nel loro repertorio anche i canti tipici buddisti chiamati Ladakh, dichiarati patrimonio immateriale dal’Unesco nel 2016.
“Zumba que Zumba” proveniente dalla città di Heredia al centro del Costa Rica. E’ alla sua prima esibizione in Italia. Nel suo repertorio anche una danza ed un canto sui “Carreteros” ovvero i carrettieri costaricani, con i loro “carretas” dichiarati Patrimonio immateriale Unesco nel 2008.
“Children Folk Ensemble Universiteti” arrivano da Tblisi la capitale della Georgia. Di grande impatto le danze spettacolari ed acrobatiche, il gruppo propone anche i canti polifonici tipici della Georgia dichiarati patrimonio immateriale dall’Unesco nel 2008.
“Kalanjay Dance Academy” provenienti dalla città di Mumbai in India. Nel loro repertorio anche il Kalbelia, danza i cui movimenti replicano quelli di un serpente, dichiarata Patrimonio immateriale dell’Unesco nel 2010.
“Dance School Nika” dalla città di Almaty nel Kazakistan. Per la primo volta in Italia il gruppo kazako è conosciuto per il Dombra kuy, una danza spirituale dichiarata Patrimonio Immateriale dell’Unesco nel 2014.
“Children & Youth Folk Dance Seltinis” dalla città di Siauliai nella Lituania, una delle tre repubbliche baltiche i cui canti e le danze sono state dichiarate Patrimonio immateriale dall’Unesco nel 2008.
“Children Ensemble Vokserenie” dalla città di Perm in Russia considerata la frontiera d’Europa essendo geograficamente quella più ad Est alle pendici dei monti Urali. Il gruppo è stato selezionato direttamente dal Centro di Cultura Russo per partecipare al Festival I Bambini del Mondo dove porteranno anche i Semeiskie canti tradizionali dichiarati Patrimonio immateriale dell’Unesco nel 2008.
“Folk Ensemble Hajik” della città di Rimavska Sobota in Slovacchia. Conosciuti in tutta Europa dell’Est per il canto multipartitico “Horehronie” che è stato dichiarato Patrimonio immateriale dall’Unesco nel 2017.
“I gruppi internazionali partecipanti al 18° Festival Internazionale I Bambini del Mondo – comunica il presidente del festival Giovanni Di Maida - venerdì 2 marzo 2018 alle ore 18,30 presso il Palacongressi del Villaggio Mosè alle ore 18.30 saranno ricevuti dal Sindaco del Comune di Agrigento e del Direttore del Parco Archeologico “Valle dei Templi”.
Sabato 3 marzo l’inizio ufficiale del 73° Mandorlo in Fiore con protagonisti i gruppi folkloristici internazionali e gli studenti provenienti da diverse parti della Sicilia che daranno vita alla “Passeggiata della Pace e della Fratellanza” lungo la via Sacra. Alle ore 12.00 presso il Tempio di Giunone esibizione dei gruppi internazionali partecipanti al 18° Festival Internazionale “I Bambini del Mondo”; alle ore 21.00 al Palacongressi spettacolo di apertura con l’esibizione dei gruppi di Costa Rica, India, Russia, Calmucchia, Kazakista, Georgia, Lituania, Slovacchia.
Agrigento 14 gennaio 2018 L’addetto Stampa Aifa Giuseppe Moscato
La mandorla è il simbolo della nascita e della resurrezione: infatti essendo il mandorlo il primo albero a sbocciare in primavera simboleggia la rinascita della natura, il suo rinnovarsi dopo la morte invernale.
Essa è molto ricca di significati esoterici, è il segreto che si svela rompendo il guscio, che protegge il seme.
Essendo nascosta, rappresenta l’essenza spirituale, la saggezza, la sapienza. Infatti in alcuni riti sacri si prescrive di nutrirsene.
Avendo una forma ovoidale, essa è collegata alla matrice, come simbolo di fecondità e di nascita primordiale dell’universo e, in alcune civiltà, alla Magna Mater (Grande Madre).
Rappresenta un spazio chiuso, protetto, e delimita lo spazio sacro separandolo dallo spazio profano: protettrice che separa il puro, l’originario, dall’impuro.
La vescica piscis, che richiama la mandorla, era un simbolo già noto in India, nell’antica Mesopotamia, in Africa e nelle civiltà asiatiche, ma si diffuse ampiamente soprattutto nel contesto cristiano, mediante l’associazione della figura del pesce a Cristo.
Per tutti questi significati simbolici la mandorla è stata collegata a numerosi miti e leggende, ha. diffuso parole sacre, cultura e folclore, che affondano le radici in tempi lontani nell’area geografica a clima mediterraneo in cui la pianta è coltivata.
Essa è in relazione con particolari divinità antiche, per esempio, nel mito di Attis, la madre Nana concepisce il dio mettendosi in seno una mandorla; nella mitologia greca, essa è il simbolo di Era; noto è anche il mito di Acamante e Fillide.
La fioritura precoce sul ramo di mandorlo appare come un segnale di rinascita al profeta Geremia, nella Bibbia; nell’Esodo, Dio indica a Mosè di prenderne i fiori a modello per forgiare l’oro con il martello in modo da ottenere l’antico candelabro ebraico (Menorah) a sette bracci.
Nel testo biblico dell’Ecclesiaste, i fiori di mandorlo sono l’emblema di quanto la vita scorra velocemente fino all’invecchiamento: entro poco più di una settimana mutano di tonalità dal bianco rosato al bianco candido prima di cadere dai rami.
Antichi riti di magia venivano praticati durante il Medioevo, in cui la mandorla era uno degli ingredienti usati per fantomatici filtri d’amore e persino per pozioni afrodisiache; inoltre era frequente ridurla in poltiglia e mescolarla con olii profumati, tanto da essere utilizzata come base per creme da applicare sul corpo di giovani fanciulle in età da marito, ciò perché i fiori di mandorlo sbocciavano nella stagione considerata propizia per i fidanzamenti.
Anche nel folklore i fiori di mandorlo sono importanti. Alle tradizioni folcloristiche della Spagna appartiene una leggenda araba secondo la quale il califfo musulmano Abd al-Rahman III fece piantare dei mandorli sulle colline attorno al suo palazzo nel villaggio di Madinat-al-Zahra, vicino Cordova.
Voleva restituire il sorriso all’amata moglie Azahara, che soffriva di nostalgia, alla vista dei fiori bianchi assomiglianti al candido manto di neve della Sierra Nevada, che lei un tempo poteva ammirare dalla propria abitazione a Granada.
In Germania vi sono numerose iniziative dirette a promuovere la pianta di mandorlo.
Nella regione del Palatinato è famosissima la “Sagra dei Fiori di Mandorlo” (Gimmeldingen Mandelblütenfest), organizzata a ricorrenza annuale dal 1935, tra la metà di marzo e l’inizio di aprile, nel villaggio di Gimmeldingen, dove i visitatori passeggiano lungo un percorso dedicato alle mandorle, gustando biscotti a forma di questo fiore decorato con glassa rosa; vi è pure l’elezione della “Reginetta dei fiori di mandorlo” dell’anno.
Nel sud del Marocco viene organizzato ogni anno nel mese di febbraio il “Festival del Fiore di Mandorlo”, in cui musicisti, ballerini e cantastorie allietano per l’occasione il villaggio di Tafraoute, tra le montagne Anti-Atlas, al centro della Valle Ameln, famosa per la produzione di mandorle.
Nel nord dell’India, da prima del XIV secolo, tra marzo e aprile, una folla di persone arrivava a Srinagar da tutta la valle del Kashmir per vedere lo spettacolo del giardino storico “Badamwari” (Alcova di mandorle) con i fiori di mandorlo sbocciati appena scomparso il gelo dell’inverno; per l’occasione venivano anche organizzati spettacoli culturali e festival.
L’associazione culturale PastActivity nasce poco più di un anno fa dall’intraprendenza di tre archeologi siciliani con formazione molto diversa ma legati dal filo conduttore dell’attitudine alla comunicazione e alla pedagogia del patrimonio: Laura Danile, Giovanni Virruso e Claudia Speciale.
Il nostro intento era di ridare colore al Passato e di renderlo vivo e vicino.
In seguito alla vincita di un bando proposto dall’Assessorato Regionale alla Famiglia, ed a mesi di confronti e ricerca, prendeva materialmente forma la nostra idea che come primo ambizioso obiettivo si proponeva di realizzare la rievocazione storica di una decisiva battaglia per le sorti dell’antica Agrigento e più in generale della seconda guerra punica.
Così nasceva “210 a.C. la conquista di Akragas”, il primo grande evento di rievocazione storica in Sicilia nella valle dei templi di Agrigento, sito UNESCO di straordinaria bellezza.
Per due giorni, il 6 e 7 maggio siamo stati catapultati nel III secolo a.C., quando la città contesa tra Cartaginesi e Romani veniva conquistata dai Romani e mutò il suo nome dall’originario Akragas in Agrigentum.
I due accampamenti punico e romano sono stati ricostruiti seguendo nei minimi dettagli quanto ci dicono le fonti storiche ed archeologiche sotto la guida di PastActivity.
Tutte le tende sono state disposte a due passi dal tempio di Zeus, nel cuore del Parco. Passeggiando all’interno del sito archeologico, tra le tende degli accampamenti, i visitatori hanno potuto interagire con i rievocatori sempre disponibili a rispondere ad ogni curiosità. Inoltre è stato possibile assaporare i gusti differenti di cucine antiche e prive di tanti ingredienti “moderni”, ricette romane e puniche dal sapore insolito ma gradevole, osservare la filatura e tessitura su telaio, toccare i filati colorati con i pigmenti naturali, indossare elmi e scudi, partecipare a un rito di propiziazione, assistere a un allenamento militare e molto altro.
Ogni dettaglio, sino al più piccolo, ogni oggetto riprodotto ed ogni gesto riproposto erano il frutto di una minuziosa ricerca filologica perfettamente coerente con il periodo. Nulla era per caso dentro i confini di uno spazio che i rievocatori si sono ritagliati in Valle.
Tra i profumi dei paioli sul fuoco, i suoni metallici delle armi, quelli ritmici e cadenzati del conio, la storia è diventata viva, ha preso forma e ha entusiasmato migliaia di visitatori increduli e curiosi di poter entrare improvvisamente nell’antica Akragas.
Il tutto è stato possibile grazie all’energia e competenza dei rievocatori storici che con la loro passione hanno reso possibile un così grande spettacolo della storia.
Tra sabato pomeriggio e domenica, 13100 persone hanno partecipato a questo straordinario viaggio nel tempo che si è concluso con lo spettacolo dello scontro tra i due eserciti, che ha rievocato lo scenario drammatico della battaglia realmente avvenuta nel 210 a.C. tra Romani e Cartaginesi.
Per noi di PastActivity si è trattato di un vero battesimo di fuoco, appagato da un grande successo, reso possibile dalla collaborazione di tanti professionisti che sotto la guida del direttore artistico Andrea Moretti hanno regalato alla città uno spettacolo emozionante e indimenticabile.
La portata dell’evento è stata tale che abbiamo potuto parlarne con successo in un convegno internazionale e in riviste scientifiche di settore nei mesi scorsi.
Questo è stato il primo evento per PastActivity, grande, ambizioso e non privo di rischi.
Rischi che conoscevamo e che abbiamo saputo affrontare forti di numerose esperienze nell’ambito della divulgazione scientifica e della didattica dell’archeologia.
Ciascuno di noi infatti ha acquisito negli anni una forte credibilità in contesti nazionale ed internazionale grazie a collaborazioni che proseguono ancora oggi.
Dopo questa prima fortunata esperienza, speriamo possa replicarsi presto con il supporto delle istituzioni e di sponsor privati che vogliano investire in questo campo ancora nuovo per la Sicilia ma con potenzialità enormi in termini di ricadute culturali, turistiche, ma anche sociali ed economiche per il territorio agrigentino.
Nel frattempo stiamo dedicando gli ultimi mesi a nuove attività che rispecchiano a pieno la mission di PastActivity.
Abbiamo iniziato le Archeoattività: laboratori interattivi dedicati ai più piccoli che sono veri viaggi nel tempo sotto la guida di un archeologo.
I bambini hanno ripercorso alcune tappe fondamentali della nostra storia in maniera divertente. Siamo partiti dall’Era Glaciale in compagnia di Giovanni, poi siamo stati in Egitto con Zelia, altra collega nel settore educativo da anni, per poi terminare il primo ciclo tra i miti dell’antica Grecia con Laura.
E ancora abbiamo tante altre idee a tema storico da proporre e condividere. Le attività rivolte a un target specifico (bambini dai 5 ai 12 anni accompagnati da un adulto) si svolgono nel cuore del centro storico, sul colle di Girgenti e hanno riscontrato un buon successo sin dall’inizio, che cresce in maniera esponenziale a ogni incontro.
Alcune di queste attività sono state richieste da altri musei in Italia e da alcune scuole (MUV di Castenaso (Bologna) e presto Imola e Parco del Livelet (TV)). Per il prossimo anno scolastico il nostro obiettivo è riuscire ad approdare con tante attività anche nelle scuole siciliane.
Le idee sono già in cantiere e prevedono proposte didattiche innovative e coinvolgenti che spaziano dall’evoluzione umana, al Paleolitico e neolitico sino ai Greci e i Romani.
Valuteremo nei prossimi mesi se partire già dal prossimo anno per riuscire a completare l’offerta didattica delle scuole di ogni ordine e grado su temi così specialistici.
Altra sfida che contiamo di affrontare è quella di riuscire a realizzare attività che vadano oltre i confini delle competenze degli archeologi.
Abbiamo già alcuni contatti con professionisti di altri ambiti scientifici con i quali proveremo ad interagire per creare attività interdisciplinari per raccontare tante nuove storie ad adulti e bambini che speriamo di appassionare.
La Storia, come vogliamo divulgarla noi, è priva di barriere e confini disciplinari, è una Storia coinvolgente, aperta a tutti e alla portata di tutti. La Storia siamo noi: è fatta dagli uomini e da tutti quegli avvenimenti accaduti prima di noi.
Il nostro compito è proprio quello di provare a farvi immergere in quel passato attraverso la lente d’ingrandimento delle nostre attività.
Abbiamo ancora tante nuove idee, seguiteci e sosteneteci. Associazione culturale PastActivity
I “Siciliano Sono” rappresentano una delle realtà musicali emergenti di maggiore spicco.
La band è nata ad Agrigento nel 2009 da un’idea del cantautore Biagio Marino.
La loro carriera inizia in giro per la Sicilia, dove esce nell’estate del 2012 il loro primo disco intitolato “Siroko”, cioè Scirocco.
L’album riscuote subito grande apprezzamento di pubblico e critica.
Nel 2015, invece, la band intraprende un nuovo progetto dal titolo “Mundo Malo”, in cui sono anche presenti quattro tracce in lingua spagnola.
Ne segue il “Mundo Malo Tour” che vanta all’attivo più di cinquanta concerti in Italia e in Europa.
La loro musica si distingue per essere un pop adrenalinico con ritmi latini e tropicali combinati a quelli più tradizionali del Sud Italia.
Lo spettacolo che sanno offrire al pubblico è incalzante, divertente e ballabile.
Abbiamo chiesto loro di rispondere alle nostre domande in modo da farci sapere qualcosa di più della loro band.
Senza dubbio l’essere siciliani influenza tantissimo la vostra musica. Cosa in particolare vi ispira della Sicilia?
Dalla Sicilia veniamo ispirati sia dalle cose positive che negative. Attraverso la musica raccontiamo la visione del mondo del siciliano.
Com’è nato lo stile particolare che caratterizza la vostra musica?
Nasce attraverso un mix di diversi elementi stilistici. I nostri punti di riferimento sono stati sempre all’estero, continuiamo ad essere siciliani anche in questo, assorbendo continue influenze altre che scaturiscono poi in una musica semplice e immediata. Ci rivolgiamo al popolo, alla gente comune e non ai critici musicali.
Il vostro primo disco, che richiama suoni, culture ed essenze diverse che si mescolano, si intitola “Siroko” cioè Scirocco. Indubbiamente si tratta di un forte richiamo alla Sicilia, ma perché avete scelto proprio questa parola per il vostro primo album?
Scirocco è un vento caldo che avvolge il mediterraneo e la Sicilia. Quello che viviamo quando c’è lo scirocco è quello di stare “immobili” perché altrimenti suderemo di più muovendoci. Ecco quel momento in cui ti fermi per non sudare ti dà la possibilità di “ragionare” (anche se grondi di sudore) di lamentarti su come si evolvono i fatti di vita quotidiana, imprechi contro chiunque per le cose che vanno male, ma nonostante ciò rimani lì fermo per paura di muoverti e non puoi che rassegnarti e sperare. Siroko racconta l’incanto per le bellezze della nostra terra, le azioni e le mancate azioni del siciliano nei confronti della sua terra.
Perché avete scelto di inserire nel vostro progetto “Mundo Malo” quattro tracce in lingua spagnola?
Lo spagnolo è una delle lingue più parlate al mondo e la cultura siciliana è stata fortemente dominata storicamente dalla presenza iberica nell’isola. Ciò ha influenzato anche l’evoluzione del dialetto siciliano che risente del periodo spagnolo. Inoltre la cultura musicale spagnola, a differenza di quella italiana, si apre maggiormente alle nostre esigenze stilistico-musicali e questo ci permette di affacciarci ad un mercato musicale più eterogeneo.
Vi aspettavate tanto successo pur partendo da una piccola realtà come Agrigento?
Lavoriamo per quello, non conta tanto il fatto della realtà piccola, ci aiuta indubbiamente a mantenere i piedi per terra. Il nostro lavoro è orientato ad un raggiungimento di un successo più alto. Però sai la musica poi tocca confini a te impensabili…
Quali difficoltà avete dovuto superare per potervi fare conoscere anche all’estero?
Le difficoltà primarie sono prevalentemente economiche. Investire all’estero per una band come la nostra significa andare incontro a delle spese che riguardano prevalentemente le attività organizzative, gestionali e strategiche. Ciò che siamo è sia merito della nostra qualità dello spettacolo musicale, che curiamo puntigliosamente in ogni parte, ma anche dal lavoro dietro le quinte che molti non vedono.
Quali sono i messaggi principali che volete portare con le vostre canzoni?
Le canzoni che fin ora ho scritto e composto insieme alla mia band rivolgono lo sguardo prevalentemente alla quotidianità, ad una realtà sociale in cui poi alla fine si rivede ogni persona. E così che le mie storie sono le storie di tutti. Tutto diventa universale. Facciamo quello che dobbiamo fare: musica con il cuore.
Durante il Mandorlo in Fiore di quest’anno vi siete esibiti in piazza Cavour.
D’altronde quale migliore connubio se non l’incontro tra i ritmi incalzanti della tradizione del Sud Italia e della Word Music, combinati a contaminazioni sonore gitane, che caratterizza la vostra musica e il Festival Internazionale del Folklore.
Quale particolare ricordo legato a quell’evento vi è rimasto?
Indubbiamente il più bel ricordo e inaspettato è stato quello di aver visto un’intera piazza che cantava le nostre canzoni e si divertiva. La nostra Fiesta Total ha colpito nel segno. Il nostro pubblico in quell’occasione ha dimostrato di avere una cultura musicale pari a pubblici ben più blasonati, un pubblico eterogeneo e al pari di un festival in Europa.
In che modo la musica può, a vostro parere, favorire la fratellanza e la solidarietà tra i popoli?
La musica non ha mai creato rivalità fra i popoli, è un’arte che fa dell’unione la sua forza. Le note musicali sono 7 ma attraverso queste puoi creare infinite melodie. Alcune si assomiglieranno tra loro, ma è solo una percezione. In questo senso, attraverso le stesse note puoi unire e stare in armonia con il mondo. Un finito che produce un infinito. La musica è l’unica lingua universale.
E ora un’ultima domanda. Quali sono i vostri prossimi progetti musicali?
Abbiamo appena concluso una tournée in giro fra le più belle piazze di ogni provincia della Sicilia e non; subito dopo ci siamo messi a lavoro a perfezionare il nostro spettacolo grazie all’aiuto di Adrià Salas Viñallonga cantante de La Pegatina, band di Barcellona molto famosa in spagna.
Gli strumenti popolari siciliani oltre ad avere un valore storico, psicologico, magico-rituale e socio-culturale rappresentano una componente essenziale nell’esecuzione della musica popolare.
Il Pitrè ad esempio ne fa una menzione nei giochi fanciulleschi e per certe ricorrenze religiose.
Qualche notizia più certa ci viene fornita dalla studiosa catanese Carmelina Naselli, che parlò nel 1949, di strumenti da suono della musica siciliana.
Molte però sono le testimonianze che si possono trovare in demologia (studio della cultura popolare) del secolo scorso o nei resoconti dei viaggiatori stranieri in Sicilia, nel Settecento o nell’Ottocento che ci parlano della presenza di strumenti musicali popolari.
Tratteremo oggi uno degli strumenti a fiato più usati e più famosi nel territorio siciliano: u friscalettu. In particolare parleremo della sua costruzione e della sua esecuzione insieme a Lillo Russo, componente e “friscalittaru” dell’associazione culturale Gergent di Agrigento.
Lillo Russo, friscalittaru del Gruppo folklorico Gergent dal 1999, cosa ci sai dire in merito alla nascita e all’uso che se ne faceva anticamente?
Il friscalettu comunemente detto, è uno strumento a fiato che ha origine nell’antica Grecia e che veniva impiegato, soprattutto in occasioni di festa o per scandire i ritmi sfrenati di lavoro e dunque consentire un certo sollievo ai pastori, desiderosi di allietare ed alleviare l’animo, dalle fatiche usuranti del lavoro contadino. Solamente a partire dagli anni 20’ e 30’ del secolo scorso, il friscaletto perse la sua valenza bucolica e venne introdotto, grazie all’ottima qualità timbrica e alla sua versatilità nella pratica strumentale tradizionale locale, affiancato al tamburello, alla chitarra e alla fisarmonica, nelle orchestrine come strumento da ballo in contesti festivi.
Invece per quanto concerne il suo utilizzo, ci sono particolari tecniche di esecuzione per eseguire e far uscire il suono in modo limpido e naturale?
Si, infatti, come qualsiasi altro strumento musicale, per suonare il friscalettu, non bisogna soltanto assumere una posizione corretta, ma avere soprattutto come si usa dire nel gergo musicale “orecchio” e ovviamente molto tempo da dedicare all’esercizio quotidiano. Il suonatore per far sì, che il suono risulti limpido, dovrà prima di tutto stare alzato, con il torace ben dritto e le braccia ed i gomiti leggermente aperti, in modo che i polmoni si riempiano di ossigeno, indispensabile per emettere il giusto suono. Lo strumento, poi, dovrà essere parallelo al pavimento ed ortogonale alla bocca. Invece per quanto concerne l’esecuzione, le dita della mano sinistra andranno a chiudere sia i fori presenti sul lato posteriore che quelli posti anteriormente, in prossimità del becco, mentre la mano destra chiuderà i restanti fori, ossia quelli posizionati più in basso. Come dicevamo, ci sono specifiche prassi da rispettare per ottenere un suono pulito e non stridulo, come ad esempio, conferire poca pressione al fiato soprattutto per le note iniziali, mentre digitando i fori più alti si dovrà immettere più aria facendo attenzione a non fischiare. L’esperienza naturalmente fa da padrone, però con costanza e dedizione qualsiasi persona potrà ottenere ottimi risultati.
Tu oltre a suonare il friscalettu, ne sei anche un abile costruttore, infatti selezioni direttamente all’origine la materia prima che ti serve per poi “plasmarla”, puoi spiegarci meglio, per sommi capi, le fasi principali?
Per prima cosa bisogna individuare un canneto che non sia troppo vicino a fonti d’acqua, fiumi o laghi. Più “siccagna” è la zona e più le fibre della canna sono compatte e legnose. Le zone umide, infatti, rendono le fibre meno robuste e dopo la stagionatura la canna risulterà essere più morbida, paglierina, quindi non idonea per realizzare i friscaletti. Se poi a questo si aggiunge l’umidità del nostro fiato, o l’eccessiva saliva per i più inesperti, il tutto risulterà non idoneo ad una perfetta realizzazione, perché andrà a compromettere nel tempo lo strumento. Quindi essendo a conoscenza che il legno è un materiale vivo, è opportuno prendere prima le dovute precauzioni. Dopo aver raccolto le canne, quindi, le stesse vengono lasciate stagionare per almeno due anni (più la stagionatura è lunga e meglio è), quindi sarà poi possibile iniziare la loro lavorazione. Le successive fasi di lavoro consistono nell’individuare il cannolo da lavorare, prendere le misure e tagliarlo, facendo molta attenzione a lasciare da una parte il nodo e dall’altra l’estremità aperta, dove poi si andrà a inserire la “zeppa” (il tappo). Generalmente per un friscalettu in DO o anche in SI, la lunghezza del cannolo non deve essere minore di circa 20cm. Per tagliare i segmenti di canna, dobbiamo prendere una distanza di circa 3cm dal nodo, lasciando il germoglio dalla parte in cui verrà il friscalettu. Il nodo che abbiamo lasciato in tutte le parti terminali dei segmenti, costituirà la cosiddetta “culazza” che avrà diversi compiti, quando infatti si recideranno le canne, è meglio sempre lasciare un po’ più di spazio su questa parte, perché utile per una futura operazione di accordatura. Il becco invece, inteso come forma dell’imboccatura dello strumento, è una questione puramente estetica o di comodità e non ne pregiudica le qualità sonore. In realtà un becco molto sottile e stretto è più comodo da tenere fra le labbra e quindi dà meno problemi per l’esecuzione dello staccato.
Il friscalettu oltre ad essere uno strumento fondamentale della tradizione musicale siciliana, e innanzitutto la tua grande passione, hai mai pensato di trasmettere la tua esperienza e le tue conoscenze in merito, ai più giovani?
Si hai detto bene, perché il friscalettu è innanzitutto la mia grande passione, ho iniziato a suonarlo all’età di circa 15 anni dopo averlo sentito suonare alla sagra del mandorlo in fiore del 1996, mi ha colpito subito per il suo particolare suono, allegro e vivace specchio riflesso della mia anima; per tali motivi capì subito che era lo strumento che avrei suonato per tutta la vita. Venendo alla tua domanda, è già da due anni, che insieme all’associazione culturale Gergent, gruppo folkloristico di cui faccio parte, abbiamo intrapreso un vero e proprio corso di friscalettu per diffondere e inculcare ai ragazzi sempre più distanti dalle tradizioni popolari, l’amore per questo strumento in particolare, ma in generale per gli strumenti della tradizione siciliana. I ragazzi oggigiorno sono sempre più distanti dal mondo folk, e dalle tradizioni popolari perché affascinati da una realtà, che ahimè è sempre più snaturata e lontana dai veri e sani valori di un tempo. Per tali motivi, ho pensato che era necessario creare un ponte di collegamento idoneo ai nostri tempi, e quindi una mattina mentre lavoravo alla realizzazione del friscalettu pensai a realizzare un video dimostrativo sulle tecniche di realizzazione del friscalettu e inserirlo su youtube. Le visualizzazioni sono state moltissime, chissà se qualcuno tra questi non sia oggi diventato un abile costruttore e un appassionato suonatore di friscalettu. Me lo auguro!
Laura Danile, agrigentina, è un archeologo e guida turistica.
Attività al tempio della concordia di Laura Danile Family Tour
Dopo tanti anni di studio in biblioteca, di ricerca e di scavi sia in Italia che in Grecia, è tornata ad Agrigento e adesso si occupa di organizzare family tour; così, grazie a questo lavoro, condivide la sua passione per la storia e l’amore per i luoghi in cui è nata con le famiglie e, in particolare, con i bambini.
L’abbiamo intervistata per saperne di più circa il suo affascinante lavoro.
Laura, potresti spiegare nello specifico ai nostri lettori in cosa consiste “Agrigento Family Tour”?
E’ un servizio rivolto alle famiglie che possono progettare insieme a me il loro itinerario ad Agrigento e trasformare la visita alla valle dei templi e al museo archeologico in un momento di apprendimento ludico, per giocare e imparare allo stesso tempo. Ogni percorso è una esperienza interattiva in cui tutti siamo protagonisti e attori. In relazione all’età dei bambini è possibile scegliere diversi tipi di itinerari, legati ad aspetti che possono coinvolgere e affascinare maggiormente bambini o adolescenti. Inoltre spesso mi chiedono consigli su dove andare, dove dormire e come organizzare la loro permanenza in città a misura di famiglia e io sono ben lieta di aiutarli.
Trovi che siano più curiosi e interessati i bambini o i genitori che li accompagnano?
Entrambi in modo diverso e complementare. I bambini perché qualsiasi cosa è una nuova scoperta e amano esplorare posti nuovi e conoscere nuove storie, soprattutto se in compagnia dei genitori e di un vero archeologo. Gli adulti perché possono divertirsi in compagnia dei loro figli e allo stesso tempo conoscere lo straordinario patrimonio archeologico di Agrigento che lascia tutti senza fiato.
Come reagiscono i bambini alla vista dei Templi?
Ne sono affascinati perché sono grandi e imponenti e fanno tante domande, le più disparate e impensabili soprattutto quando arriviamo al tempio di Zeus con i suoi giganti di pietra.
Qual è l’aspetto più bello del tuo lavoro?
La possibilità di condividere le mie conoscenze con viaggiatori di ogni età e in particolar modo con i più piccoli e di avere l’impressione di costruire un passato tra il presente e il passato, restituendo all’antichità colori, odori, suoni.
Laura Danile Family Tour al Tempio della Concordia
Qual è l’esperienza legata ad Agrigento Family Tour che ricordi con maggiore piacere?
Ogni family tour è un ricordo piacevole che contribuisce a darmi la carica per andare avanti in questo lavoro e mi sprona a migliorarmi sempre.
Quanto conta la preparazione e quanto, invece, conta la passione e l’amore per la propria terra nel tuo lavoro?
Direi che la preparazione è quello che può fare la differenza. Un archeologo ha alle spalle tanti anni di studio, di viaggi e visite a musei e siti archeologici ma soprattutto ha acquisito un metodo di ricerca rigoroso. Cerco di essere costantemente aggiornata e di aggiungere sempre nuovi tasselli riguardo alla comunicazione, alla pedagogia del patrimonio, all’archeologia pubblica perché lavorare con i bambini è un lavoro serissimo, che richiede una progettazione accurata e dettagliata. La passione per la mia terra e per la sua storia è certamente alla base di tutto ed è quello che mi spinge a migliorare sempre e a trovare nuovi modi per valorizzare questa bellissima isola.
Sei stata per diverso tempo fuori da Agrigento. Che cosa ti ha spinto a ritornare qui?
La voglia di poter mettere a frutto la mia esperienza nella mia città, per contribuire in piccola parte alla sua crescita. Agrigento ha un enorme patrimonio archeologico e mi sembrava impossibile non poter lavorare qui e dover andar lontano per svolgere la mia professione. Onestamente a quel tempo immaginavo che avrei lavorato sul campo, a scavi, studio e ricerca e invece pian piano ho intrapreso anche questa strada parallela che oggi rappresenta la parte principale del mio lavoro e che mi piace moltissimo. Lavorare con i bambini mi dà molta soddisfazione e mi fa sentire parte attiva della società.
Da guida turistica hai certamente il polso della situazione per ciò che riguarda il turismo nel nostro territorio. Cosa puoi dirci al riguardo? Che margini di miglioramento ci sono in questo ambito che dovrebbe essere fondamentale per l’economia di Agrigento e provincia?
Credo che ci siano buone prospettive di crescita e che il trend sia positivo grazie al lavoro di tanti professionisti che negli ultimi anni stanno trasformando Agrigento in una destinazione importante, fatta di incontri con la gente del posto e di un lento viaggio per scoprirne la bellezza dalla costa all’interno. Ci sono ampi margini di miglioramento in termini di promozione turistica, di accoglienza e di servizi ai viaggiatori e credo che dovremmo puntare tutti su questo settore a vari livelli perché la vera ricchezza del nostro territorio è nella sua storia millenaria e nel suo territorio ricco di tanti aspetti che attendono di essere valorizzati.
Per motivi di studio e lavoro sei stata anche in Grecia a fare scavi archeologici. Cosa pensi che abbia in più o in meno la Valle dei Templi di Agrigento rispetto alla realtà archeologica e turistica greca?
Amo la Grecia e la considero la mia seconda casa e per un archeologo classico è come il paese delle meraviglie ma Agrigento certamente non ha nulla da invidiare ad altri importanti siti archeologici della madrepatria, è un sito molto ricco, immerso in un paesaggio rigoglioso costellato di ulivi secolari, mandorli, pistacchi e dalla storia millenaria.
Agrigento ospita ogni anno il Festival Internazionale del Folclore e il Festival Internazionale I Bambini del Mondo, che senza dubbio rappresentano un’attrattiva di fondamentale importanza per il nostro turismo. Cosa pensi della Festa del Mandorlo in Fiore?
Un appuntamento importante per la città che dovrebbe essere un evento di richiamo per viaggiatori da tutto il mondo con una promozione efficace e per tempo. Un suggerimento? Potenzierei le attività family friendly (sono di parte?)
Riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato stampa
Finalmente idee chiare e con una programmazione degli eventi delineata in netto anticipo. Questa nuova impostazione sta cominciando a produrre effetti significativi per lo sviluppo dell’intera filiera turistica del territorio.
Il presidente del Consorzio Turistico “Valle dei Templi”, Emanuele Farruggia, riconosce e apprezza i meriti dell’Ente Parco Archeologico, impegnato nell’organizzazione della Festa del Mandorlo.
Per capire che la strada imboccata sia quella giusta - aggiunge – arrivano in soccorso i numeri che sono quelli delle prenotazioni in occasione della settimana clou della kermesse.
È previsto il tutto esaurito negli hotel, nelle strutture ricettive: un grande risultato, frutto certamente di una qualificata e lungimirante gestione dell’evento da parte dell’Ente Parco con in testa il direttore Parello, il cui lavoro sta restituendo dignità e ruolo a questa città.
Potere pianificare e promuovere nel mondo la manifestazione 6 mesi prima – sottolinea Emanuele Faruggia – non è un dettaglio di poco conto.
Questa solerzia ed efficienza, mai riscontrate negli anni passati, hanno permesso anche a noi, del Consorzio, di allestire per tempo una serie di iniziative da destinare alla fruizione turistica, come quelle relative al concorso “Mandorlara”, dedicato ai ristoratori, e al concorso nazionale per le scuole alberghiere.
È la prima volta che i nostri operatori turistici propongono alle scuole italiane un vero e proprio pacchetto che farà riscoprire tutti i tesori del territorio, non soltanto culturali e paesaggistici ma anche delle produzioni di eccellenza agroalimentare.
Il Consorzio, dal canto suo, farà la parte che gli compete, sosterrà con serietà e convinzione quanti, come l’Ente Parco, si spendono, con i fatti e le azioni, per fare crescere il territorio e la sua economia
La città di Agrigento, grazie alla sua millenaria storia, presenta un patrimonio sotterraneo di notevolissimo interesse e costituito da cavità artificiali localmente conosciute come gli “Ipogei di Agrigento”.
Questi ipogei sono essenzialmente strutture cunicolari scavate dall’uomo, in periodi diversi, nella stessa roccia con la quale sono stati edificati i monumenti della città e buona parte del suo centro storico: cavità meandriformi, pozzi e grandi cameroni scavati nella calcarenite giallastra al di sotto dell’antica acropoli di Akragas e sotto lo splendido paesaggio della sua area sacra, la Valle dei Templi.
Le fonti storiche fanno risalire al 480 a.C. il periodo in cui vennero iniziati i lavori di realizzazione di queste strutture ipogee.
È l’anno decisivo dello scontro greco-punico in Sicilia conclusosi con la vittoriosa battaglia di Imera che segnò l’apice della grandezza politico-economica dell’antica Akragas e la sua sfera d’influenza.
In quella occasione, un elevatissimo numero di schiavi cartaginesi giunsero in città e furono impiegati nei lavori più massacranti quali appunto il taglio delle pietre e la costruzione dei condotti sotterranei e dei maestosi templi della Valle.
Alcuni ipogei, come quelli presenti nella zona del cd. Santuario Rupestre alla Rupe Atenea (probabilmente datati al VII sec. a. C) ed altri ancora presenti nel centro storico, si pensa siano stati realizzati in epoche addirittura precedenti.
La maggior parte di queste cavità, per tipologia, ubicazione e sviluppo planimetrico, furono realizzate per assolvere all’atavico fabbisogno di acqua, tipico delle nostre terre.
Altre cavità, caratterizzate dalla forma spiccatamente tronco-conica, vennero sfruttate per immagazzinare derrate alimentari mentre altre come vere e proprie cave sotterranee di conci di calcarenite.
A questa ultima tipologia è assimilabile la più imponente cavità presente nel sottosuolo agrigentino, l’”ipogeo del Purgatorio” o “Labirinto”, così chiamato per le particolari geometrie che caratterizzano questo sistema che consta di ambienti scavati secondo il sistema “a camere e pilastri”.
Molti sono i casi in cui da una originaria tipologia si passava, con ulteriori riadattamenti, ad una tipologia diversa in periodi successivi.
Queste cavità vennero massicciamente rivalutate durante il periodo bellico della prima e seconda guerra mondiale, quando durante i bombardamenti vennero sfruttate come rifugi, soprattutto durante le incursioni aeree.
Una delle strutture ipogee presenti ad Agrigento, nel cuore della Valle dei Templi, è l’ipogeo della Kolymbetra-Porta V; un percorso sotterraneo, scavato interamente dall’uomo, risalente al V sec. a.C. (probabilmente il 480) e aperto alla fruizione del pubblico dall’aprile 2017 grazie alla sinergia tra l’associazione Agrigento Sotterranea Onlus e il Fondo Ambiente Italiano (FAI).
Questo ipogeo rientra tra i cd. “canali drenanti” (o “acquedotti feacei” dal nome dell’ architetto Feace al quale, secondo le fonti, fu affidata la progettazione) per la captazione e la dirottazione dell’acqua nel grande bacino idrico (a scopo religioso e civile) che era la Kolymbethra. È caratterizzato da una sezione rettangolare a volta piana (larghezza 50/70 cm circa e altezza a partire da 1,70 metri) e uno sviluppo planimetrico di circa 185 metri (di cui i primi 100 circa paralleli al banco Sud-Est della Kolymbethra, mentre il restante ramo taglia la terrazza sacra occidentale della Valle).
Per buona parte del suo andamento, si presenta “fossile”, ovvero senza presenza d’acqua, anche se nel tratto finale si ritrovano concrezionamenti attivi e lame di carbonato di calcio che rivestono le pareti calcarenitiche e testimoniano presenza di acqua e la lenta trasformazione in un paesaggio tipico di grotta dalla bellezza straordinaria.
Questo percorso ha un agevole accesso all’interno del Giardino della Kolymbethra con una uscita in prossimità della Porta V, nelle vicinanze del Tempio di Castore e Polluce.
Lo sviluppo dell’Ipogeo, semplice e facilmente percorribile, è intervallato da due pozzi verticali, uno nei pressi della biglietteria della Kolymbethra (da cui possibile entrare e uscire e la sua funzione in antico era quello di avviare uno dei fronti di scavo dell’ipogeo) ed un secondo sul pianoro calcarenitico su cui è stato edificato il Tempio dei Dioscuri, costituito da un pozzo (idrico in antico e funzionale all’altare rinvenuto nelle vicinanze) verticale a sezione rettangolare e profondo circa 10 metri.
Si possono osservare tracce lasciate sulle pareti durante l’antico scavo e come veniva illuminato, ovvero mediante nicchiette scavate a intervalli regolari lungo la volta nelle quali si ponevano le lucerne.
All’interno dell’ipogeo l’ambiente è fresco e asciutto.
La visita è aperta a tutti, grandi e bambini, purché equipaggiati di grande curiosità ed interesse e pronti ad intraprendere un viaggio magico e misterioso all’interno di una valle che non ci si aspetta ma che rapirà per sempre il cuore.
Per maggiori informazioni e prenotazioni basta visitare il sito internet dell’associazione www.agrigentosotterranea.it.