La pandemia del Coronavirus ha costretto i cittadini di tutto il mondo a cambiare le proprie abitudini, ci ha obbligati a rimanere a casa per contenere la diffusione del virus e ci ha imposto di rivedere tutto. Si è bloccato tutto, si è fermata l’economia del Paese, uno tsunami che si è abbattuto con particolare gravità sull’intero settore della cultura. Le filiere della cultura e dello spettacolo subiscono in questi giorni danni provenienti contemporaneamente da diverse direzioni; dalle chiusure precauzionali, ai timori diffusi di trovarsi in luoghi pubblici, alla sostanziale paralisi del turismo interno oltre che quello internazionale, deriva il rischio di piegare un comparto essenziale non solo per nostra economia ma per la nostra stessa qualità della vita.
Agrigento è una di quelle città che sta attraverso un periodo buio di questa situazione. Agrigento è sole, mare, profumi, storia, tradizioni, folklore. Agrigento è turismo con i suoi tesori archeologici, culturali e paesaggistici, definita da Pindaro “la più bella città dei mortali”. La Valle dei Templi, con i suoi circa 1300 ettari, dieci templi, tre santuari e una necropoli, ha dovuto chiudere per la seconda volta i cancelli. Dopo la riapertura a fine maggio, e le prime domeniche con ingresso gratuito, tra gel igienizzante, mascherine, scaglionamenti di persone, tutto organizzato in massima sicurezza, si sperava in una vera e propria rinascita culturale e soprattutto economica. Apprezzata da turisti che arrivano da tutte le parti del mondo, la Valle dei Templi è uno scrigno da scoprire. Facendo ingresso nella Via Sacra il primo tempio che s’incontra è il Tempio di Giunone, proseguendo si arriva al maestoso Tempio della Concordia, uno dei templi conservati a meglio e che rappresenta il simbolo della città. In perfetto stile dorico, con una struttura che ricorda quella del Partenone di Atene, ai suoi piedi lo scultore polacco Igor Mitoraj ha realizzato la gigantesca statua in bronzo del mitologico “Icaro caduto sulla terra”. A seguire i resti del Tempio di Ercole, il più antico tra quelli costruiti ad Akragas e, attraversando il ponte, si raggiunge il Tempio del Giove Olimpico con la copia del Telamone o Gigante. Proseguendo poco più avanti, si raggiunge il Tempio di Castore e Polluce, detto anche dei Dioscuri e sull’estremo versante ovest della collina, si trova il Tempio di Vulcano da dove è possibile raggiungere il giardino degli Dei, il giardino della Kolymbetra, famoso per la presenza di antichi ipogei, chiamati anche Acquedotti Feaci, risalenti al lontano V secolo a.C., che avevano il compito di alimentare l’antico bacino del giardino. Già in testi antichissimi come quelli di Diodoro Siculo se ne trova traccia, raccontandoci come il tiranno Terone commissionò all’architetto Feace la progettazione di un sistema idrico per l’antica città di Agrigento. Le acque convergevano in una grande vasca, detta Kolymbetra, ovvero in greco “piscina”. Questo luogo, utilizzato anche per l’allevamento dei pesci di acqua dolce e di altri animali acquatici, ad oggi è un bene affidato al Fai, Fondo Ambiente Italiano.
Dalla presenza massiccia di alberi d’ulivo, anche secolari, il Parco Archeologico della Valle dei Templi di Agrigento ha affidato all’azienda Val Paradiso la cura degli alberi e la promozione e commercializzazione dell’olio ottenuto a marchio “Diodoros”, circa 5.000 bottiglie all’anno che racchiudono l’olio EVO delle drupe nate sotto le fronde di tanta bellezza, riportando nel Parco l’etica del fare e la laboriosità dell’uomo che si relaziona con la terra. Nocellara del Belice, Cerasuola, Biancolilla e Coratina costituiscono la biodiversità endemica dell’areale nel quale nasce più di 40 anni fa l’etichetta Val Paradiso. Dietro una realtà così strutturata c’è la passione di Massimo Carlino e dei suoi fratelli, tutti coinvolti nell’attività di famiglia che, solo dopo aver chiuso lo studio d’ingegneria (altro mestiere di famiglia nel quale fare squadra fa la differenza), vestono i panni dei produttori con l’impegno che si manifesta anche nelle scelte, senza scorciatoie e semplificazioni, di aderire ai disciplinari dell’agricoltura biologica in assoluto rispetto dell’ambiente, in campo nessuna sostanza chimica, diserbanti o insetticidi, ma esclusivo uso di prodotti naturali e sostanze organiche.
La Valle è anche scoperta…. Quella che senza dubbio ha lasciato senza fiato tutti è stata la scoperta del teatro ellenistico. Si tratta di una struttura importante, un teatro che occupa un luogo strategico nella pianta urbana, a margine dell’agorà espressione dell’importante fioritura dell’architettura pubblica nella Sicilia di fine III-inizi II sec. a. C. che porta alla realizzazione di complessi monumentali dove intrattenimento collettivo, funzioni politiche e rappresentazione del potere si fondono in un paesaggio costruito altamente scenografico. La vista verso la Valle ne alimenta la relazione con il passato di una città che aveva nel suo imponente paesaggio sacro un fulcro identitario. La vista oltre la città apre ad un orizzonte marino carico di suggestioni. Il teatro, come ha spiegato l’archeologa Parello, conta di una cavea di circa 90 metri, ad oggi però non possiamo ancora dire nulla su orchestra e scena. I primi sedili rinvenuti, relativi alla parte alta della cavea, erano scivolati in basso rispetto alla loro posizione originale probabilmente a causa della pesante spoliazione subita dal monumento, e dunque anche sulla cavea abbiamo ancora da lavorare. Certamente l’imponenza del sistema delle fondazioni rinvenute nella parte alta del teatro e delle sostruzioni che sostenevano l’edificio sul lato di sud-ovest lasciano supporre un edificio dalle dimensioni monumentali. Ma non è l’unica scoperta. Da reperti emersi dagli ultimi scavi archeologici condotti nella Valle dei Templi di Agrigento sono venute alla luce nuovi fasi architettoniche, storiche e archeologiche del Santuario e del Tempio D. Sulla collina meridionale sono stati trovati materiali in ceramica, tra cui un frammento attribuibile con certezza all’officina di Corinto del Silhouette Goat Painter I, databile intorno al 580-570 a.C., e frammenti di produzione attica e ionica inquadrabili cronologicamente nella prima generazione della colonia che, secondo le fonti letterarie, sarebbe stata fondata intorno al 580 a.C.. Evidenze, queste, che indicano come subito dopo la fondazione quest’area della città, forse già con una destinazione culturale, fosse frequentata dai coloni. Valle dei Templi come uno scrigno: trovata ceramica e frammenti di produzione attica e ionica. Sono state trovate numerose statuette votive deposte ritualmente insieme a ceramica e ossa combuste, questi ex-voto, insieme a cospicui frammenti di tegole in terracotta, sono chiari indizi di un culto e di un possibile edificio sacro di età tardo-arcaica. Sono stati aggiudicati gli interventi di musealizzazione e restauro archeologico del tempio di Zeus Olimpio, ma anche il restauro e la ricollocazione dei blocchi del Santuario rupestre.
Agrigento è anche folkore. È proprio ad Agrigento e nella Valle dei Templi che si svolge la Festa del Mandorlo. Nasce a Naro, paese ad una ventina di chilometri da Agrigento, per volere del conte Alfonso Gaetani, con lo scopo di fare conoscere a tutti i prodotti tipici siciliani. Ufficialmente diventa Sagra del Mandorlo in Fiore solo a partire dal 1937 quando si trasferisce ad Agrigento e viene chiamata così proprio dagli agrigentini. Nel tempo la sagra è diventata un inno alla bellezza e all’amore, ma anche alla tolleranza tra culture diverse. Da qui la nascita del “Festival Internazionale del Folklore” che mescola, sapientemente, razze, culture e tradizioni di persone provenienti da tutto il mondo, come in un caleidoscopio che cambia e contemporaneamente amalgama il tutto. Ad aggiungere colore alla kermesse anche il Festival dei Bambini del Mondo. L’anima di questo evento è stato per numerosi anni Claudio Criscenzo, la prima edizione risale al 2001 e a seguirla adesso è Luca Criscenzo. Sin da subito questa iniziativa, che si innestava sotto una veste giovane e autentica all’interno della Sagra del Mandorlo in Fiore, ha arricchito di ulteriori significati i messaggi di pace, concordia e fratellanza tra i popoli, questo perché i bambini, provenienti da ogni parte del mondo, grazie alla loro genuinità e sensibilità, sono certamente i migliori ambasciatori per veicolare questi nobili sentimenti, per alimentare il desiderio di amicizia, tolleranza e integrazione tra le diverse etnie e culture. Sono tanti gli appuntamenti e gli eventi che animano le strade della città nel corso del Mandorlo in fiore, dall’accensione del tripode dell’amicizia e la fiaccolata per le vie della città, oltre alla sfilata collettiva a conclusione del festival con la presenza dei carretti siciliani, e la grande festa ai piedi del tempio della Concordia, nel corso della quale viene assegnato il tempio d’oro al gruppo folk che si è distinto maggiormente nel rappresentare e valorizzare il patrimonio Immateriale Dell’Unesco. Tanti gli eventi collaterali come Mandorlara, l’evento che mette al centro la mandorla e tutte le gustose ricette che con essa è possibile preparare, con cooking show di chef rinomati che offrono assaggi di piatti e con la collaborazione di vari ristoranti di Agrigento che durante la settimana del mandorlo in fiore dedicano il menù proprio alla mandorla.
L’edizione 2020 è stata annullata. Era già tutto organizzato, i manifesti della kermesse affissi sui muri da settimane, mille attività collaterali già preparate nei dettagli, ma, la prudenza ha prevalso e visti la diffusione del coronavirus, arrivato anche in Sicilia a fine febbraio, si è deciso proprio di annullarla. Una decisione sofferta ma di buonsenso, la salute delle persone.
Vogliamo sperare che l’anticipo della primavera e il fiorire dei mandorli possa essere d’auspicio per ritornare alla vita dopo il lungo torpore provocato dal coronavirus.