La Valle Dei Templi In Onda Su Rai Due Nel Programma “Detto Fatto”

Agrigento torna a far parlare di sé (in bene).

Dopo il grande successo della puntata del nuovo programma di Alberto Angela intitolato “Meraviglie”, andata in onda la settimana scorsa, in cui si è parlato della Valle dei Templi inserita nella lista dei patrimoni dell’umanità redatta dall’Unesco, la città è andata nuovamente in onda ma questa volta nella puntata del 10 gennaio scorso (al minuto 01:26:33) del programma pomeridiano di Rai Due “Detto Fatto” condotto da Caterina Balivo.

Galeotto, in questo caso, è stato un piatto tipico della zona di Agrigento, ovvero “La cupoletta dal cuor leggero”, una ricetta a base di pesce che prevede un nasello con un cuore di macco di fave. Il piatto agrigentino è stato presentato dallo chef palermitano Fabio Potenzano, dopo che la conduttrice napoletana ha esordito dichiarando candidamente di non essere mai stata ad Agrigento.

Durante la preparazione della ricetta Caterina Balivo ha mandato in onda le immagini della Valle dei Templi presenti nel famoso videoclip della canzone “Lontano dagli occhi” della cantautrice senese Gianna Nannini, cover dell’omonimo brano di Sergio Endrigo; video che presenta come location anche Punta Bianca e Scala dei Turchi.

Così la conduttrice ha invitato il pubblico “ad andare a vedere la Scala dei Turchi e la Valle dei Templi in cui si tengono concerti meravigliosi” e ha raccontato che Agrigento è al primo posto nella classifica delle città d’Italia con più single.

Nel corso della trasmissione la presentatrice ha anche dato delle notizie riguardanti la Festa del Mandorlo in Fiore, mostrandosi molto interessata all’evento e cercando di saperne di più dallo chef palermitano.

Alla fine ha perfino chiesto al Sindaco di Agrigento di mettersi in contatto con la redazione di “Detto Fatto” in modo da farle avere maggiori notizie al riguardo e consentirle così di potere essere presente alla manifestazione.

 

E la risposta del Sindaco Calogero Firetto non si è fatta attendere, infatti, a distanza di un giorno, il Primo cittadino di Agrigento si è messo in contatto con il programma e con Caterina Balivo invitandola a soggiornare in città durante la Festa del Mandorlo in Fiore che si terrà dal 3 all’11 marzo.

 

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Pronto Il Palacongressi Per Il Mandorlo In Fiore

Il Palacongressi, che ospiterà gli spettacoli e le manifestazioni collaterali della 73esima edizione della Festa del Mandorlo in Fiore, che si terrà dal 3 all’11 marzo, sarà pronto per l’occasione.

Le sale Concordia, Zeus ed Empedocle, nonché i foyer, saranno messi a disposizione degli agrigentini e dei turisti che saranno in città. La struttura sarà in grado di offrire circa 1200 posti e tornerà ad essere il cuore della festa così come accadeva qualche anno fa.

Già alla fine dell’edizione dell’anno scorso l’amministrazione comunale aveva promesso che per la kermesse del 2018 sarebbe stato recuperato il Palacongressi.

Il recupero della struttura del Villaggio Mosè è stato possibile grazie a una norma finanziaria del 2016 che ha destinato il 10% dello sbigliettamento del Parco “Valle dei Templi” per le attività di manutenzione.

Così si è avviata un’opera di messa in sicurezza e di realizzazione degli impianti, in modo da ristrutturare l’edificio e riconsegnarlo alla città.

Il Palacongressi avrà un ruolo centrale poiché sarà il punto di sinergia degli scambi internazionali, il luogo in cui la comunità si potrà incontrare e discutere perché è prevista la realizzazione di molti laboratori sia per ragazzi che per adulti.

Insomma un vero e proprio villaggio globale. Per questo il numero maggiore degli spettacoli sarà realizzato proprio al Palacongressi mentre altri momenti della kermesse si svolgeranno al Teatro “Pirandello”.

La kermesse sarà organizzata nuovamente dal Parco archeologico “Valle dei Templi” e dal Comune di Agrigento. Verrà riproposta la formula collaudata che unisce momenti da vivere nella Valle e nell’antica “Girgenti”.

Numerosi i luoghi simbolo di questa edizione che, oltre al Palacongressi, vedrà come ogni anno l’incantevole location del Tempio della Concordia, del Tempio di Giunone, ma anche Casa Sanfilippo, Teatro Pirandello, piazza Stazione, piazza Cavour, Spazio Temenos, Teatro della Posta Vecchia, Chiesa di San Lorenzo e Collegio dei Filippini.

Intanto il Parco archeologico “Valle dei Templi”, che sta gestendo il Palacongressi su concessione della Regione, si è impegnato a promuovere lavori di manutenzione ordinaria degli impianti tecnologici in modo che dopo il Mandorlo la struttura sarà definitivamente aperta per altri eventi.

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Grandi Viaggiatori ad Agrigento

Agrigento, terra di estrema bellezza e fonte di grande ispirazione per letterati e artisti, è stata meta, fin dagli albori della sua fondazione, di grandi viaggiatori che sono stati colpiti dal suo suggestivo paesaggio, con i candidi mandorli e i templi del colore del sole, e dalla sua cultura che l’hanno resa per sempre famosa.

Il primo ritratto della Sicilia fu certamente evocato nei poemi del mondo arcaico. Ulisse, nell’Odissea di Omero, scopre l’Isola del Sole oltre Scilla e Cariddi, nel corso del suo navigare inquieto, ed Enea, nell’Eneide di Virgilio, offre visioni classiche quando, costeggiando le terre meridionali dell’isola mediterranea, scorge le alte e imponenti mura di Agrigento.

Ma l’immagine della città più antica e allo stesso tempo più gioiosa, che testimonia la felicità pagana del vivere a quel tempo, la presenta un altro grande viaggiatore famoso, il poeta greco Pindaro, vissuto tra il 518 a.C. e il 438 a. C. circa, quando declama: “Io ti invoco, oh Agrigento, che ami le feste e sei la più bella delle città dei mortali”.

Nel XII secolo il geografo arabo Idrisi, ospite a Palermo della corte del normanno Ruggero II, descrive per il sovrano tutti i luoghi conosciuti della Terra in un trattato.

Egli, pur essendo un viaggiatore smaliziato, si incanta nel vedere Agrigento e non risparmia aggettivi tanto da descriverla così: “Girgenti è molto fiorente ed è da annoverare fra le metropoli più illustri, animata com’è da un continuo andirivieni di gente. Robusta ed alta la rocca, ridente la città che è di ben antica civiltà e di fama universale, Girgenti è una delle più imponenti fortezze e paese tra i più eccellenti. La gente vi accorre da ogni parte, qui si raccolgono le navi”.

Nel suo lungo soggiorno, Idrisi coglie la febbrile attività dello scalo marittimo, che nel 1776 venne rilevata da Jean Marie Roland de la Platière e successivamente da un altro viaggiatore, Johann Heinrich Bartels.

Ma altro grande viaggiatore ad Agrigento fu lo scrittore, poeta e drammaturgo tedesco Johann Wolfgang Goethe, che, a Girgenti nel mese di Aprile del 1787, ci trasmette le emozioni profonde da lui vissute in quel frangente e così ne parla: “Una primavera splendida come quella che ci ha sorriso stamane al levar del sole certo non ci è stata mai concessa nella nostra vita mortale.

Dalle nostre finestre abbiamo contemplato in lungo e in largo il lieve declivio della città antica tutto rivestito di orti e di vigneti sotto la cui verzura non si supporrebbe nemmeno la traccia dei quartieri urbani”.

Qualche giorno dopo Goethe raggiunge la Valle dei Templi in compagnia del suo compagno di viaggio, il pittore paesaggista Christoph Heinrich Kniep, ed ha il primo incontro con le rovine del tempio di Giunone, con il tempio della Concordia, che gli sembra saldo e imponente, con il tempio di Giove, di Ercole e di Esculapio; si sofferma anche ad osservare la tomba di Terone di età romana.

Minuziosamente il grande tedesco ispeziona tutti i monumenti della Valle sommersi nel verde della primavera siciliana.

Ne fa quindi uno schizzo per il suo reportage grafico, in supporto alle pagine del suo “Viaggio in Italia”.

Tra i maestri dell’arte pittorica che nel Settecento hanno lasciato, a seguito dei loro viaggi, emozionanti testimonianze grafiche della Sicilia vi è il francese Jean Pierre Louis Laurent Houel, che soggiornò nell’isola per quattro anni e che si definì pomposamente “pittore del re”.

Egli illustra l’ambiente che ritrae così c’è sempre nei suoi dipinti, accanto alle rovine dei templi, l’elemento umano.

Ritraendo il tempio della Concordia nella sua sublime solennità, Houel non trascura di animare la scena ritraendo un pastore con il suo cane, alcuni uomini di campagna accanto ai loro cavalli e perfino un mendicante che si affaccia tra le colonne.

Così, più tardi, il raffinato viaggiatore francese Dominique Vivant Denon, facendosi accompagnare da una folta schiera di pittori, si sente quasi intimidito davanti ai resti del tempio di Zeus che gli sembra sia stato costruito per sfidare gli dei e spaventare gli uomini anziché per la gloria degli uni e l’ammirazione degli altri.

L’esaltazione dei templi è un tratto comune a molti viaggiatori; così, infatti, scrive a metà dell’Ottocento lo storico tedesco Ferdinando Gregorovius: “Oltrepassata la collina di Minerva, si raggiunge quella fila di templi che stanno sul confine meridionale delle mura della città.

La loro vista sullo sfondo del mare, quando il sole adente illumina le loro pietre gialle e fa sfavillare le colonne potenti, è ancora oggi incantevole e fa pensare quanto stupenda doveva essere nell’antichità”.

Ancora nell’Ottocento, anche Guy de Maupassant raggiunge Girgenti nella primavera del 1885 e si incanta alla vista dell’antica Agrigento che, posta sulla costa sud della Sicilia, offre il più stupendo insieme di templi che sia dato di contemplare.

Gli sembrano eretti nell’aria, in mezzo a un paesaggio magnifico e considera la città come una terra divina in quanto vi si trovano le ultime dimore degli dei.

Per tutti questi grandi viaggiatori, dunque, Agrigento fu città magnifica e di grande fascino.

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Festa Del Mandorlo In Fiore 2018 E Patrimonio Immateriale Unesco, Un Binomio Vincente

La Festa del Mandorlo in Fiore 2018 si avvicina e già molti iniziano a porsi varie domande su come verrà strutturata questa nuova edizione, quali saranno i gruppi locali, nazionali e internazionali partecipanti, quali le location effettivamente coinvolte e cosa si cercherà di valorizzare, in modo particolare, rispetto all’edizione passata.

Nello specifico, una domanda intelligente potrebbe essere quella riguardante la possibile scelta di puntare, come già è stato fatto quest’anno, o meno sulla valorizzazione di ciò che fa parte del patrimonio immateriale dell’Unesco.

Infatti, l’Unesco, oltre a tutelare i siti patrimonio dell’umanità che rappresentano cose tangibili, ha inserito in un apposito elenco i patrimoni orali e immateriali dell’umanità che sono espressioni della cultura immateriale del mondo, quindi le antiche tradizioni che spesso sono tramandate oralmente nel corso delle generazioni.

A tal proposito, già nel 2003 è stata approvata dall’Unesco una convenzione, ratificata in Italia nel 2005, che nasce dalla consapevolezza che le forme immateriali della cultura radicate nella storia e nel tessuto sociale dei Paesi sono risorse fondamentali di identità e diversità culturale.

Al pari dei siti culturali e naturali, esse vanno preservate e tutelate come patrimonio universale e trasmesse come parte viva del passato alle generazioni che verranno.

Questa convenzione ha esteso notevolmente il concetto di “patrimonio” e ha rappresentato un completamento di ciò che era stato già affermato nel 1972 sul Patrimonio Culturale e Naturale e poi nel 1989 con la Raccomandazione sulla Salvaguardia della Cultura Tradizionale e del Folklore che identificava all’art. 1 “la diversità con l’unicità e la pluralità delle identità dei gruppi e delle società che costituiscono l’umanità; come fonte di scambio, di innovazione e creatività, la diversità culturale è necessaria per l’umanità quanto la biodiversità per la natura”.

L’Unesco, quindi, è già da tempo sensibile al tema della conservazione dei capolavori immateriali rappresentati da antichi saperi, manifatture e tradizioni che non hanno una codificazione scritta ma solo una diffusione orale.

La Festa del Mandorlo in Fiore 2018 potrebbe, dunque, rappresentare un’occasione di salvaguardia e sponsorizzazione del patrimonio immateriale dell’Unesco.

Nel corso dell’edizione passata si erano organizzati diversi laboratori, come quello riguardante la dieta mediterranea, la cui iscrizione nella lista dei patrimoni risale al 2013, la metodologia di coltivazione della vite ad alberello di Pantelleria, iscritta nel 2014, la tradizione dei pupi in Slovacchia, iscritta nel 2016, e l’opera dei pupi siciliani, iscritta nel 2008. Tra le rappresentazioni, invece, si era pensato di dare spazio alle torri umane della Spagna, iscritte nel 2010, chiamate “castells” e costruite da membri di gruppi amatoriali, in piedi sulle spalle l’uno dell’altro, all’arte drammatica rituale iraniana di Ta’zìye, iscritta nel 2010, che racconta eventi religiosi e storici attraverso la musica e il movimento, a quella indiana di Mudiyettu con la danza rituale di Kerala, inscritta nel 2010, basata sul racconto mitologico di una battaglia tra la dea Kali e il demone Darika, al Canto a Tenores, sviluppato nell’ambito della cultura pastorale della Sardegna e iscritto nel 2008, all’Ariang, canzone popolare della Repubblica popolare democratica di Corea, iscritta nel 2014, e alla musica del villaggio di Terchovà in Slovacchia, iscritta nel 2013, che è una musica vocale e strumentale collettiva eseguita da cinque membri di ensemble d’archi.

Ci auguriamo che anche per la Festa del Mandorlo in Fiore 2018 si decida di scegliere e di valorizzare tutto ciò che fa parte del patrimonio immateriale dell’Unesco, ottenendo in tal modo un binomio vincente e proseguendo così in un’ottica di qualità che fa tanto bene sia alla manifestazione in sé sia all’immagine turistica e culturale che Agrigento dovrebbe avere, in modo incondizionato, sempre.

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Influenze Del Greco Antico Sul Dialetto Siciliano

La Sicilia ha un patrimonio storico e culturale ricchissimo dovuto in gran parte agli influssi delle popolazioni straniere che l’hanno conquistata e colonizzata.

Di conseguenza anche il dialetto siciliano si è trasformato ed ha assorbito molte parole provenienti dai conquistatori.

Tra le tante influenze linguistiche che il dialetto siciliano ha assorbito senza dubbio quelle di origine greca sono davvero molto interessanti.

Anch’io, venendone a conoscenza, sono rimasta stupita nello scoprire la familiarità che esiste tra il siciliano e il greco antico.

Per molti termini di origine greca resta il dubbio se siano penetrati nel Siciliano sin dall’epoca classica o, più tardi, con la dominazione bizantina, se non addirittura attraverso il latino visto che quando i Romani avevano occupato la Sicilia la lingua latina aveva già preso in prestito diverse parole dalla lingua greca.

In ogni caso i Greci influirono talmente tanto nel linguaggio parlato siciliano che molti vocaboli ed espressioni di origine greca vengono ancora oggi usati nel dialetto attuale senza rendersene conto.

Per prima cosa è possibile notare che l’influsso greco-classico è ancora evidente nell’uso che i siciliani fanno del passato remoto invece del passato prossimo per indicare un fatto recentemente accaduto, ad esempio si dice glielo dissi, invece di gliel’ho detto.

Per non parlare delle espressioni o dei veri e propri detti siciliani che provengono dal greco, come l’espressione “catàmmari catàmmari” che significa adagio, piano, lentamente, che deriva dal greco: katamera, katà + imera, che significa “giorno per giorno”; oppure il detto “Vidirisilla i lastricu” che indica l’essere testimone di un fatto senza esserne direttamente coinvolti, l’origine è legata alla situazione secondo cui si osservavano le liti nei quartieri popolari dalle terrazze dei palazzi, lastricate di mattonelle di ceramica (dal greco ostrakòn), e quindi di poterle vedere dall’alto, senza esserne coinvolti.

I vocaboli del greco antico che ritroviamo nel dialetto siciliano sono numerosissimi e riguardano gli ambiti più diversi.

È un vocabolo greco-classico il termine naca (culla), dal greco naka, parola che dovrebbe essere arrivato in Sicilia sin dall’epoca della Magna Grecia.

In greco indicava il vello e la culla; le culle, infatti, erano costituite da un vello di pecora posto accanto al letto dei genitori a modo d’amaca.

Molti sono anche i termini di origine greca che riguardano oggetti di uso comune come càntaru (coppa o tazza o vaso da notte) dal greco kantaros che indicava il vaso da vino, cartèdda (cesta) dal greco: kartallos, grasta (vaso da fiori in terracotta) dal greco gastra, pitàzzu (quaderno, grosso libro) dal greco pitàkion cioè tavoletta per scrivere, tiànu (tegame) dal greco tèganon, bucali (boccale) da baukális, bùmmulu (piccola brocca per l’acqua) da bombùlion, cartedda (grande cesta intessuta di canne) da kartallos, crivu (setaccio) da krino, katu (secchio) da kados, sponza (spugna) dal greco spongìa, timpagnu (coperchio) dal greco tumpánion.

Per le parole che riguardano gli animali abbiamo: casèntaru (lombrico) dal greco: ges enteron’ cioè intestino della terra, crastu (montone) dal greco: kràstos, babbaluciu (lumaca) da boubalàkion cioè chiocciola, taddarita (pipistrello) dal greco nycterida.

Per tutto ciò che riguarda il cibo ricordiamo: ciràsa (ciliegia)da kérasos, cuddùra (pane a forma di ciambella) da kollyra, pitrusìnu (prezzemolo) da petrosélinon, ciciulìu (dolce di forma circolare, chiacchiera) da kyklos, fasolu (fagiolo) da fasèlos, timogna (cumulo di grano) da themoonia, piricòcu (albicocco) da berikoko, tumazzu (formaggio stagionato) da tumassu.

E ancora sono di origine greca le parole: lippu (grassume, muschio di conduttura d’acqua) da lipos, ‘ntamàtu (sbalordito) da thàuma, carusu (ragazzo) da koùros, chiànca (macelleria) dal verbo greco kiankeo cioè macellare, cona (icona) da eikóna, macàri (beato) da makàrios, liccu (ghiotto) da liknos, nicu (piccolo) da nicròs variante di micròs, tabbutu (bara) da taptō cioè seppellire, putìa (bottega) da apotheke, skittu (semplice, puro) da skètos cioè schietto, vastasu (volgare) da bastazo, babbìu (ciarlare) da babazo.

Infine ritroviamo i verbi: appizzari (sciupare, attaccare) da ekspipto, pistiàri (mangiare) da estiào, tuppuliàri (battere) da typto, truppicàri (inciampare) da truptico, infurgicari, (imboccare) da emforeo.

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Intervista a Fabrizio La Gaipa Presidente del Consorzio Turistico

Fabrizio La Gaipa, imprenditore agrigentino nel settore del turismo e presidente del Consorzio Turistico Valle dei Templi, ha trasformato parte della sua struttura ricettiva in un Hotel Museum dove è possibile visitare la collezione “La Gaipa” e da tempo si impegna nel cercare soluzioni innovative per il rilancio dell’economia turistica di Agrigento.

Il Consorzio parteciperà al Mandorlo in Fiore realizzando la decima edizione della MandorlAra e rappresentando la Dieta Mediterranea. Quali saranno i punti più salienti di questo connubio Consorzio – MandorlAra?

fabrizio la gaipa presidente consorzio turistico di agrigento“MandorlARA rientra a pieno titolo nell’organizzazione della Festa del Mandorlo in Fiore, tanto da essere presente in ben tre dei momenti principali della kermesse. All’inizio in occasione dell’inaugurazione con una degustazione a Villa Aurea ed a seguire con un convegno sulla dieta mediterranea che si svolgerà nella sede dell’Ente Parco a Casa Sanfilippo e, per concludere, con un momento di confronto in occasione del concorso per il piatto migliore che si svolgerà a casa Barbadoro nel cuore della Valle dei Templi”

Cosa pensa dell’edizione del Mandorlo in Fiore che si svolgerà a breve?

“Come ho già avuto modo di dire, potrebbe essere l’edizione più bella ed importante da trent’anni a questa parte. La sensazione è che l’organizzazione stia riportando la manifestazione ai fasti di un tempo. Complimenti quindi all’Ente Parco, in primis nelle persone del commissario Campo e del direttore Parello, ed al Comune per quello che si presenta sin da ora come un ottimo lavoro”.

Parliamo di ricadute economiche sul territorio legate al Mandorlo in Fiore di quest’anno. Si sta già avvertendo qualcosa?

“Molto timidamente. Per adesso alcune richieste di informazioni e qualche prenotazione, ma è un periodo in cui la gente prenota con poco anticipo. Abbiamo buone speranze”.

I dati del turismo registrati dall’Ente Parco sono più che positivi, vi è infatti un notevole aumento delle visite nella Valle dei Templi e nel Museo Archeologico e ci si aspetta un ulteriore miglioramento durante il Mandorlo in Fiore. Cosa accade, invece, a livello turistico nel resto della città durante tutto il periodo dell’anno?

“La crescita c’è, ma le ragioni sono da ricercare nel contesto internazionale e nel più ampio trend siciliano. È sicuramente un momento favorevole che tutto il comparto e soprattutto la parte pubblica dovrebbero cercare di sfruttare al massimo con iniziative come il Mandorlo in Fiore, ma anche e soprattutto con azioni promozionali molto forti sui circuiti internazionali. Il discorso a questo punto si fa davvero amplissimo”.

Da presidente del Consorzio Turistico Valle dei Templi, può dirci quanto è importante fare rete, cioè instaurare una collaborazione stabile tra tutti coloro che lavorano nel settore del turismo? In che misura ciò avviene realmente ad Agrigento?

“Fare rete è fondamentale ma non è sempre facile perché è necessario che soggetti con interessi spesso contrastanti decidono di mettersi insieme per perseguire un bene comune che spesso appare molto al di là della portata del sodalizio che si vuole creare. Ciononostante ad Agrigento abbiamo creato un bellissimo gruppo di operatori che, ognuno per parte propria, riesce a dare validissimi contributi per la promozione del territorio dando vita ad iniziative che hanno respiro spesso anche nazionale. Credo di poter dire con un certo orgoglio che il Consorzio Valle dei Templi sia un esempio di come dare vita a una rete viva ed attiva”.

Com’è cambiato in questi anni il modo di essere turista ad Agrigento? Non mi riferisco solo al Mandorlo in Fiore, ma anche a tutto il resto dell’anno?

“Il turismo nel proprio complesso negli anni si è modificato drasticamente. Mentre prima quella del viaggiare era percepita come un’esperienza di carattere esclusivo ed internazionale, oggi il turismo deve essere un’esperienza che ti mette a contatto con la più autentica realtà locale. Questa è, ad esempio, una delle ragioni del successo dei tantissimi Bed and Breakfast che sono nati ovunque. Oggi reperire le informazioni è facilissimo per cui il viaggiare non è più la semplice e ricerca della conoscenza. Oggi il turista è alla ricerca di esperienze. In questo senso il nostro territorio è particolarmente vocato per la varietà di opportunità che offre ai viaggiatori. Dall’archeologia alla cultura, dall’enogastronomia al mare abbiamo attrattori diversissimi fra loro ed ognuno rappresenta una nicchia da sfruttare. L’importante è conoscere bene il proprio territorio e proporne sempre le eccellenze”.

Qual è la sua ricetta per fare in modo che la manifestazione del Mandorlo in Fiore possa davvero diventare un momento essenziale per lo sviluppo economico e turistico di Agrigento?

“È necessario che Agrigento faccia tesoro del messaggio di Pace che ormai da settant’anni parte dalla sua Valle e che si accrediti definitivamente in campo internazionale quale luogo simbolo del Dialogo e della Concordia. La sfida che la città dovrebbe porsi è quindi quella di riuscire a portare qui annualmente rappresentanze diplomatiche estere a realizzare dei veri e propri colloqui culturali e di pace. Si tratterebbe di eventi che inevitabilmente attirerebbero enormi risorse e straordinaria pubblicità. L’auspicio è quindi che sin da subito si attivino tutti i necessari canali istituzionali affinché all’interno del Mandorlo in Fiore 2018 si possa organizzare ad Agrigento anche una conferenza di Pace. In questo senso, a nome dell’intera filiera del Turismo il Consorzio ribadisce la propria disponibilità a collaborare per la realizzazione di questo progetto di sviluppo nell’interesse dell’intero territorio”.

 

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Cassata alla Siciliana

La cassata è un prodotto tipico della pasticceria siciliana; è una torta a base di ricotta di pecora zuccherata, pan di Spagna, pasta reale e frutta candita.

La parola “cassata” deriva dall’arabo qas’at che significa scodella o dal latino caseum cioè formaggio.

Questa torta tradizionale era nata per celebrare la Pasqua dopo i sacrifici quaresimali, ma è diventata presto un dolce consumato tutto l’anno.

Un proverbio siciliano recita “Tintu è cu nun mancia a cassata a matina ri Pasqua” che significa “Meschino chi non mangia cassata la mattina di Pasqua”.

La cassata risale dunque al periodo della dominazione araba in Sicilia, fu poi arricchita nel periodo normanno in cui venne creata la pasta reale; agli Spagnoli si deve invece l’introduzione del cioccolato e nel periodo Barocco si aggiungono i canditi. L’introduzione della glassa di zucchero sembrerebbe ricondurre invece il nome all’inglese glass, vetro, da cui glassata, cassata.
La preparazione della cassata richiede molta abilità, soprattutto per realizzare le ricche decorazioni
da cui è caratterizzata.

Inoltre ne esistono diverse varianti, a seconda della parte della Sicilia in cui viene preparata.

La cassata è il dolce siciliano più coreografico e prepararlo contribuisce a diffondere in casa l’aria di festa. Personalmente ogni volta che faccio la cassata mi diletto a creare decorazioni particolarissime.

 

Tempo di preparazione: 70 minuti
Tempo di cottura: 30 minuti
Tempo totale: 100 minuti

 

Ingredienti

Per il Pan di Spagna:
5 uova fresche
220 g di zucchero
220 g di farina
1 bustina di vanillina

Per la farcitura:
700 g di ricotta di pecora
300 g di zucchero a velo
30 g di canditi misti
aroma vaniglia

Per la glassa/ghiaccia:
175 g di zucchero a velo
20 g di albume di uova extra fresche Granarolo
25 g di succo di limone

Per la decorazione:
70 g di gelatina di albicocche
400 g di pasta di mandorle
colorante alimentare verde
20 g di zucchero a velo
35 g di canditi misti

 

Preparazione

Per il pan di Spagna: montate il più possibile le uova con lo zucchero fino ad ottenere una battuta gonfia e spumosa. Aggiungete la vanillina.

Setacciate sulla battuta la farina amalgamandola, poi versate il composto in uno stampo rettangolare, imburrato e infarinato e infornate a 180° per 25/30 minuti.

Sfornate il pan di Spagna, sformatelo e lasciatelo raffreddare su una griglia.
Foderate lo stampo per cassata con pellicola e coprite il fondo con un disco di pan di Spagna tagliato a misura. Tagliate anche delle fette alte circa 5 cm e con i lati leggermente a trapezio per foderare il bordo dello stampo.

Passate nel setaccio la ricotta, aggiungete lo zucchero a velo e l’aroma, poi sbattete fino a renderla cremosa. Aggiungete i canditi. Riempite il guscio di pan di Spagna con la farcitura livellandola.

Coprite con un secondo disco di pan di Spagna tagliato a misura e appoggiatevi sopra un piatto premendo leggermente. Mettete in frigo per 8 ore.

Sformate la cassata ponendola su un disco rigido di diametro leggermente inferiore.

Spennellate la cassata con la gelatina di albicocche calda.

Su un foglio di carta da forno spolverato con zucchero a velo stendete la pasta di mandorle già colorata con una puntina di colorante verde a uno spessore di 3/4 mm.

Fasciate il bordo del dolce lasciando qualche millimetro di abbondanza.

Spennellate con un pennello intinto in poco liquore bianco.

Preparate la glassa sbattendo gli ingredienti indicati, trattenetene da parte 100 g e versate il resto sulla superficie della cassata ricoprendola. Aggiungete alla glassa avanzata 20 g di zucchero a velo e con un sac à poche apponete i puntini sul bordo e il decoro sulla fascia verde.

Riponete di nuovo in frigo per alcune ore e, prima di servire, completate il centro del dolce con una guarnizione di canditi. Infine mangiate con moderazione!

 

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Si Presenta Il Festival “I Bambini Del Mondo”

Il Festival Internazionale “I Bambini del Mondo“, che si terrà dal 4 al 7 marzo, verrà presentato venerdì 10 febbraio alle 10:30 presso Casa Sanfilippo.

manifesto i bambini del mondo 2017 agrigento organizzato da Luca CriscenzoCinque i gruppi internazionali partecipanti: il “Children Group Sama” di Baku in Azerbaijan, il “Dance Ensemble Severniache” di Popovo in Bulgaria, il “Kinnari Promosindo” di Jakarta in Indonesia, il “Gop Necla-Ilhan Ipekci” di Ankara in Turchia e il “Folk Song Dance Ensemble Lublin” di Lublin in Polonia.

I gruppi folcloristici dei piccoli agrigentini saranno: “Gergent”, “Oratorio Don Guanella”, “I Piccoli del Val D’Akragas”, “I Picciotti da Purtedda”, “Fabaria Folk” e “Fiori del Mandorlo”.

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Intervista a Luca Criscenzo, Presidente del “Gergent”

panoramica al tempio della concordia ad agrigento al festival i bambini del mondo

 

Il Mandorlo in Fiore si avvicina. Da presidente dell’associazione culturale “Gergent”, come vive questa fase di attesa per un evento che la vede coinvolto così da vicino?

E’ un attesa che ti affascina come la partecipazione agli altri festival internazionali, sicuramente si vive con una trepidazione particolare in quanto partecipare ad un evento cosi atteso ed importante nella tua città, ogni anno lascia un emozione diversa e dei ricordi indelebili.

Claudio Criscenzo è stato il fondatore di “Gergent” nel 1992, ma anche del “Festival Internazionale I Bambini nel Mondo” nel 2001. Qual è il suo ricordo più importante legato a lui?

Naturalmente i ricordi di mio padre sono molteplici, in quanto ho vissuto la sua figura in tutti modi possibili padre, presidente, amico, fratello, e quindi sintetizzare un suo ricordo è davvero troppo riduttivo, forse potrei scrivere un libro o una trilogia per raccontare ogni ricordo che mi lega a lui. Posso dire che nella vita lavorativa mi ha insegnato ad affrontare i problemi cercando di risolverli con calma e serenità senza abbattermi e di superare il problema trasformandolo in una risorsa.

Da dove nasce principalmente il repertorio di canti e danze che caratterizza “Gergent”?

Naturalmente gran parte del repertorio del Gruppo Gergent nasce proprio dal profondo studio di ricerca che ha fatto il suo fondatore Claudio Criscenzo, che successivamente sia io che altri componenti del gruppo hanno ampliato e completato. Oggi il gruppo ha un vasto repertorio che racchiude tutta la vita popolana siciliana, dai carrettieri ai mietitori, dai pescatori ai vinnignara, dai picurara alle comari o alle storie d’amori che nascevano tra i campi e nel paese.
Quale edizione del Mandorlo in Fiore ricorda con maggiore piacere? Perché?
Certamente la prima Sagra del Mandorlo In Fiore, nel lontano 1988, avevo solo 10 anni e suonavo “u bummulu” con l’orchestra del Città di Favara e sfilare lungo le vie cittadine gremite di gente che ti applaudiva e sorrideva, per un bambino era davvero un emozione unica.

A cosa si ispirano, in particolare, i costumi tipici dei ragazzi di “Gergent”?

Come già accennato in precedenza i costumi maschili si ispirano ai carrettieri del’ 800, mentre quelli femminili alla popolana del’ 800.

Oltre a far rivivere le tradizioni popolari agrigentine, quali altri scopi si prefigge “Gergent”?

Credo che la nostra attività oltre ad avere un alto valore culturale e di promozione turistica in campo nazionale ed internazionale, ha uno scopo educativo e formativo e di promozione sociale verso gli stessi componenti del gruppo.

Con “Gergent” ha avuto la possibilità di partecipare a numerosi festival del folclore. Ci sono delle difficoltà particolari che un gruppo folcloristico incontra nel partecipare ad una manifestazione come il Mandorlo in Fiore o altre manifestazioni simili in giro per l’Italia e il mondo?

Credo che le uniche difficoltà siano quelle economiche, vista la grave crisi che attanaglia tutto il mondo, quindi sia per i nostri gruppi folcloristici che vanno all’estero sia per quelli che partecipano al Mandorlo in Fiore l’unica difficoltà sia affrontare le spese per il viaggio. In questo momento storico particolare e difficile inoltre è diventato impossibile partecipare a festival che si trovano in paesi a rischio di attacco terroristico.

Cosa fa insieme ai ragazzi della sua associazione per far avvicinare e appassionare i giovani alle tradizioni popolari in generale e al Mandorlo in Fiore in particolare?

Fare avvicinare i giovani d’oggi alle tradizioni popolari o al folclore è sempre più difficile e complicato, una delle soluzioni è farli innamorare fin da piccoli a questo mondo cosi affascinante. I gruppi dei bambini costituiscono un vivaio ed il futuro di sopravvivenza per i gruppi, ed inoltre far rivivere e divulgare l’identità siciliana ai bambini fa si che le nostre tradizioni non vengano perdute.

Ci sono delle novità che ci può anticipare in merito al Festival Internazionale i Bambini nel Mondo di quest’anno?

Come ben sapete la conferenza stampa sarà nei prossimi giorni, quindi non posso anticiparvi molto, ma da Presidente dell’Aifa, organizzatore del Festival Internazionale “I Bambini del Mondo” mi pregio di dirvi che l’evento ha avuto il patrocinio della Commissione Italiana per l’Unesco per l’alto valore dell’iniziativa intesa a promuovere i valori della pace e della fratellanza.

Data la sua esperienza, se le venisse chiesto di prendere in questo momento un provvedimento in merito alla prossima manifestazione del Mandorlo in Fiore che cosa proporrebbe?

Proporrei di istituire un tavolo tecnico in cui le varie figure professionali presenti nel territorio folclore, turismo, ristorazione, spettacolo si integrino con le varie amministrazioni per la crescita fattiva ed esponenziale della manifestazione.

 

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Opera Dei Pupi: Un Patrimonio Presente Anche Ad Agrigento

opera dei pupi catania

(Immagine Di Lucarelli - Opera propria, CC BY-SA 3.0, Collegamento)

L’Opera dei Pupi rappresenta senza dubbio parte integrante dell’identità culturale siciliana.

Essa, chiamata “Opira dei Pupi” in siciliano, è un tipo di teatro di marionette in cui si rievocano le gesta epiche riguardanti i combattimenti tra i paladini di Carlo Magno, impegnati a difendere la fede cristiana, e gli infedeli saraceni.

Vengono così rappresentati anche tradimenti, tristi storie d’amore, apparizioni miracolose e demoniache o di animali feroci.

In particolare, l’Opera dei Pupi siciliani ha due dimensioni particolari: quella del racconto orale che i cantastorie facevano nelle piazze e quella gestuale della danza con le spade che, oltre a rappresentare i combattimenti, indicavano nella cultura contadina i riti di fertilità.

L’Opera dei Pupi si basa su un repertorio, risalente al ciclo carolingio della Chansons de Geste, che veniva trasmesso oralmente da maestro ad apprendista.

L’origine del teatro dei pupi è molto controversa. Di sicuro si sa che nella prima metà dell’Ottocento gli etnografi studiavano dei pupi che indossavano armature molto rudimentali.

Ma già alcuni studiosi del Settecento ritenevano che l’abilità dei pupari discendesse dalla capacità di costruire e far muovere marionette di alcuni siracusani attivi al tempo di Socrate e Senofonte.

In Sicilia esistono due distinte tradizioni dell’Opera dei Pupi: quella palermitana, diffusa nella Sicilia occidentale e molto viva grazie all’associazione Figli d’Arte Cuticchio, e quella catanese, diffusa nella Sicilia orientale e in Calabria.

I pupi, decorati in maniera molto ricca, presentavano una struttura in legno e avevano delle corazze; inoltre variavano nei movimenti a seconda della scuola di appartenenza palermitana o catanese.

La differenza più evidente stava nelle articolazioni: infatti i primi erano più leggeri e snodabili, mentre i secondi erano più pesanti e con gli arti fissi.

Lo spettacolo veniva curato dal puparo, che si occupava anche delle sceneggiature.

Così adottava un timbro di voce particolare a seconda del pupo che manovrava e delle scene epiche rappresentate.

I pupari, nonostante fossero molto spesso analfabeti, conoscevano a memoria opere come la Chanson de Roland, la Gerusalemme liberata e l’Orlando furioso.

I pupi erano diversi e si caratterizzavano per le corazze e i mantelli differenti poiché ogni marionetta rappresentava tipicamente un preciso paladino.

Questa forma di teatro delle marionette è stata proclamata dall’UNESCO “Capolavoro del patrimonio orale e immateriale dell’umanità”.

Agrigento ospita una mostra permanente sull’Opera dei Pupi, allestita nei locali di Casa Pace, sita nella collina dei Templi.

La mostra è nata nell’ambito della collaborazione sorta tra il Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento e il Museo Internazionale della Marionette Antonio Pasqualino di Palermo.

Al piano terra del Palazzo dei Filippini, sempre ad Agrigento, si può visitare la preziosa collezione di pupi siciliani realizzati rigorosamente a mano dal maestro Carmelo Guarneri.

Il suo scopo è quello di valorizzare entrambe le espressioni del patrimonio culturale siciliano riconosciute dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità cioè la Valle dei Tempi e l’Opera dei Pupi.

Nella mostra è possibile visitare materiale appartenente alla scuola palermitana e catanese; sono inoltre presenti pannelli esplicativi e supporti audio video.

Anche a Licata, cittadina in provincia di Agrigento, la tradizione dei pupi è tornata a vivere grazie all’impegno della famiglia Profeta costituita da pupari per tradizione che ripresentano copioni e marionette di paladini presso il teatro Re.

Potere assistere ancora oggi all’Opera dei Pupi significa avere la possibilità di provare una gioia per gli occhi e per la mente, oltre ad avere l’occasione di fare un tuffo in un passato magico.

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